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di Giusi Fasano

Corriere della Sera, 29 agosto 2022

Non usciremo mai dalla cappa opprimente della violenza di genere se non faremo quel salto culturale di cui parliamo da così tanto tempo (senza i risultati sperati) da vederne depotenziato il senso.

È scoraggiante. Non ce la faremo mai. Ci sembra di fare passi avanti, delle volte. Ci sentiamo autorizzati a sperare che stavolta sì, dai, forse siamo sulla strada giusta. Ma poi arrivano il tizio o la tizia di turno con parole e pensieri fuori posto ed eccoci qui daccapo: non ce la faremo mai. Non usciremo mai dalla cappa opprimente della violenza di genere se non faremo quel salto culturale di cui parliamo da così tanto tempo (senza i risultati sperati) da vederne depotenziato il senso.

Alessandra Matteuzzi viene uccisa a martellate da un uomo che aveva pretese di controllo e di possesso. Pretese che gli sembravano persino diritti da riscuotere in quanto uomo e in quanto geloso. Uno che chiamava tutto questo amore, ovviamente. Se davanti alla notizia dell’omicidio il primo commento che ti viene in mente è: “Comunque anche lei come andava conciata…Ovvio che il ragazzo era geloso” vuol dire che non ci siamo. Non ci siamo proprio.

Donatello Alberti, che lavora per la Croce Bianca dell’Emilia Romagna e che magari nella vita ha pure soccorso qualche donna finita negli artigli di un uomo violento, ha rimosso il post e ha chiesto scusa travolto da critiche e insulti. Ma il punto non sono le scuse, accompagnate tra l’altro da un “sono stato frainteso”. Il punto è che sia ancora tempo di esprimere l’idea di quel post; è il fatto che ancora adesso, nel 2022, nella mente di qualcuno attecchisca - consapevolmente o no - un germoglio di giustificazione per lui, l’assassino. Che certo, ha sbagliato, Epperò, pure lei…

Ma davvero siamo ancora a questo punto? Davvero dobbiamo tornare indietro per la millesima volta a ripetere quanto sia odioso il “se l’è un po’ cercata” nascosto fra le parole di quel post? E quanto ci vorrà per andare oltre quest’abc dell’antiviolenza? Eppure non sarebbe difficile quel salto culturale che farebbe la differenza. La sua parola magica è: rispetto. Si può coltivarlo nelle scuole ma soprattutto sarebbe finalmente ora di renderlo “materia obbligatoria”, diciamo così, nelle famiglie. L’obiettivo sarebbe crescere bambini gentili, amorevoli, rispettosi perché diventino uomini illuminati e non scelgano mai la violenza. Per non ritrovarci fra x anni in un momento di sconforto a pensare e a scrivere che non ce la faremo mai. Perché DOBBIAMO farcela.