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di Federico Malavasi

Il Resto del Carlino, 11 aprile 2024

Sette anni e mezzo per i poliziotti penitenziari, un anno per l’operatrice sanitaria. Disposto un risarcimento da cinquantamila euro: anche il ministero pagherà. La vittima era stata denudata, ammanettata e pestata. Le difese: “Faremo appello”. Quelle subite Antonio Colopi, all’epoca detenuto all’Arginone per omicidio, furono torture. O almeno questa è la convinzione a cui, dopo un lungo e articolato processo, è arrivato il collegio giudicante che ieri mattina ha condannato i due agenti di Polizia penitenziaria che si sarebbero resi responsabili del pestaggio e l’infermiera del carcere che li avrebbe ‘coperti’. La corte, dopo un paio d’ore di camera di consiglio, ha letto una sentenza con pene severe. Sette anni e mezzo di reclusione per gli agenti G.C. e M.V. (assistiti dagli avvocati Alberto Bova e Alessandro D’Agostino). Un anno di reclusione per l’operatrice sanitaria Eva Tonini (avvocato Denis Lovison), pena convertita in una multa da 7.300 euro. La professionista è stata inoltre assolta dall’accusa di favoreggiamento. Per lei è stato infine disposto un risarcimento danni da cinquemila euro. Per i due poliziotti il tribunale ha stabilito una provvisionale da cinquantamila euro da versare alla parte civile, in solido insieme al ministero della Giustizia (responsabile civile in questo processo). Per quanto riguarda gli agenti, il verdetto del giudice supera le richieste formulate dal pubblico ministero Isabella Cavallari (sei anni). Per l’infermiera il pm aveva chiesto un anno per il reato di falso e il proscioglimento per l’ipotesi di favoreggiamento.

Le accuse discusse nell’ambito del processo (uno dei primi in Italia in cui veniva contestato il reato di tortura, all’epoca delle indagini appena introdotto) erano pesanti. I fatti si sarebbero consumati il 30 settembre del 2017. All’epoca Colopi (difeso dall’avvocato Paola Benfenati) si trovava in isolamento in una cella della casa circondariale estense. Gli agenti avrebbero raggiunto la stanza del detenuto per una perquisizione. Atto eseguito, a dire della procura, in maniera “arbitraria”. Qui, sempre secondo le accuse, si sarebbe consumata la violenza. Uno degli agenti sarebbe entrato mentre altri due (il procedimento contava anche un quarto imputato, che però ha già definito la propria posizione) sarebbero rimasti all’esterno a fare il palo. Dopo aver fatto spogliare il detenuto, il poliziotto lo avrebbe fatto inginocchiare e lo avrebbe ammanettato per poi colpirlo con calci e pugni allo stomaco, al volto e alle spalle.

Non solo. Sempre secondo le accuse, Colopi sarebbe stato picchiato anche con uno strumento di metallo utilizzato per il controllo delle inferriate. A quel punto, il carcerato avrebbe avuto una reazione, colpendo l’operatore con una testata. La risposta sarebbero state altre minacce e botte, alle quali avrebbero partecipato pure gli altri due agenti. L’infermiera avrebbe infine ‘retto il gioco’ ai poliziotti, scrivendo il falso nelle comunicazioni ai colleghi.

“Sono soddisfatto per la caduta del favoreggiamento - commenta l’avvocato Lovison -. Faremo comunque appello, ci sono margini per perfezionare il risultato”. L’avvocato Bova confidava “in un esito positivo, vista la perizia medico legale. Prendiamo atto e aspettiamo le motivazioni per presentare appello, convinti della nostra estraneità ai fatti”.