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di Nicoletta Tempera

Il Resto del Carlino, 6 marzo 2024

L’uomo, 40 anni originario di Ferrara, inalò gas da un fornellino nella cella Per la Procura non ci sono dubbi, fu un incidente: chiesta l’archiviazione. La rabbia della sorella: “La sorveglianza diminuì, non deve finire in questo modo”. “Chiediamo giustizia, chiediamo che venga appurata la verità e che la colpa non venga attribuita solo a lui: negligenze ci sono state. È nota la carenza di personale nel penitenziario oltre a tante altre problematiche. Quindi non si è trattato solo una valutazione medica approssimativa: il problema è tutta la gestione del carcere. La funzione della pena sarebbe quella di riabilitare una persona ma evidentemente non è così”.

Non punta il dito contro nessuno ma chiede che si faccia giustizia accertando eventuali responsabilità Jessica Tocci, sorella ‘acquisita’ di Fabio Romagnoli, il detenuto 40enne morto nel carcere di Modena il 20 febbraio dello scorso anno dopo aver inalato gas da un fornellino. L’autopsia non avrebbe chiarito completamente se si trattò di un suicidio o di un incidente, ma per la Procura di Modena non sarebbero ravvisabili responsabilità di altri. Per questo motivo il pm Francesca Graziano ha chiesto l’archiviazione del fascicolo per omicidio colposo, rimasto a carico di ignoti. Ora sarà il Gip a decidere se archiviare o meno il caso ma la famiglia chiede di continuare ad indagare poiché il 40enne aveva già tentato il suicidio altre volte.

Dunque, secondo i familiari, doveva essere quantomeno sorvegliato. Romagnoli, originario del Ferrarese, era stato trovato accasciato la terra a fianco del fornello dal compagno di cella e da un agente della polizia penitenziaria. La consulenza medico legale, affidata a Fabrizio Zucchi, confermando la causa della morte nell’inalazione del gas, non avrebbe però sciolto i dubbi sulla dinamica, pur propendendo per un evento accidentale. Nei mesi precedenti, a luglio 2022, il detenuto era stato qualificato come “a rischio medio” di suicidio e collocato nella zona dedicata a questo tipo di situazioni. In seguito però, secondo le valutazioni degli operatori e degli psicologi, il rischio era calato e il 40enne era stato trasferito in un’altra sezione.

Secondo alcune testimonianze, nei giorni precedenti il dramma il detenuto non aveva dato segnali preoccupanti e il caso, per la procura, è ora da archiviare: non ci sarebbero elementi utili a supportare un’eventuale ipotesi di mancanza di diligenza o altre omissioni in chi lo ha seguito. Il ferrarese avrebbe terminato la propria pena dopo pochi mesi ma dal carcere non è mai uscito. “Quando ci hanno consegnato le sue cose, c’erano alcune lettere in cui Fabio chiedeva scusa a tutti e affermava di voler porre fine alla propria vita - spiega la sorella -.

Dispiace apprendere che si escludono responsabilità dal momento che il suicidio, Fabio, lo aveva annunciato. Non solo: aveva già tentato di uccidersi fuori dal carcere. Prima di entrare nel penitenziario modenese, il 21 luglio 2022, giorno in cui lo avevano prelevato dalla propria abitazione per portarlo in carcere, a Ferrara, aveva tentato di impiccarsi con una maglietta. I medici, nei documenti, avevano scritto che non escludevano una reiterazione del gesto autolesionistico - sottolinea ancora Jessica -. Era stato così trasferito a Modena il 27 luglio e dopo sole tre settimane era stato spostato nell’area priva di sorveglianza. Capisco che quello sia l’iter, ma sicuramente non era fuori pericolo. Vomitava ogni giorno e l’avvocato aveva inviato una pec per far presente la situazione ma non aveva ricevuto risposta”.

Romagnoli era entrato in carcere con l’accusa di stalking nei confronti della ex fidanzata; era stato rinviato a giudizio e posto ai domiciliari ma era evaso e per questo era stata inasprita la misura cautelare con il carcere. “Tentò il suicidio anche dopo una precedente relazione finita male - conclude Jessica - alternava momenti di euforia a distruzione: il papà lo aveva incontrato il giovedì precedente, Fabio è morto lunedì”.