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di Lorenzo D’Avack

Il Dubbio, 21 marzo 2023

In occasione della riunione straordinaria della Corte costituzionale del 18 marzo 2024 nella relazione del presidente, prof Augusto Antonio Barbera, troviamo esplicitamente detto che “nei casi più significativi” il legislatore non è intervenuto, sebbene sollecitato, “rinunciando ad una prerogativa che ad esso compete e al contempo obbligando questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione inevitabile in forza dell’imperativo di osservare la Costituzione”.

Viene menzionata la sentenza n. 24 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato) sul fine vita e viene altresì menzionato quanto auspicato dalle sentenze numero 32 e numero 33 del 2021 che hanno invitato il legislatore a prevedere al più presto una modalità di riconoscimento del rapporto tra figli nati da PMA eterologa da coppie dello stesso sesso e genitore intenzionale. Questo silenzio del legislatore ha portato a numerosi supplenze delle assemblee regionali per quanto riguardava soprattutto le modalità in cui doveva essere svolto il procedimento sanitario relativo all’aiuto al suicidio medicalizzato e ha determinato un contraddittorio intervento di sindaci preposti ai registri dell’anagrafe per quanto riguardava i bambini nati dalle coppie arcobaleno. Siamo al ben noto conflitto di come regolamentare le vicende critiche di sovente suscitate dalle tecnologie e che presentano forti aspetti etici.

Queste possono trovare una regolamentazione etica, prevalentemente individualistica. Ma è difficile pensare che i problemi riguardanti il crescente evolversi delle nuove biotecnologie e delle necessità sociali, quali il fine vita o la filiazione, possano essere risolti attraverso un vasto e generale consenso sui principi etici.

Nessuna società conosce un’omogeneità tale da arrivare a questo obiettivo spontaneamente. L’essenziale, di contro, come evidenzia la Relazione, è che la collettività di ciascun Paese riesca ad arbitrare le proprie esigenze, i propri valori tenendo conto di una regolamentazione formale ricondotta allo specifico giuridico mediante gli strumenti istituzionali e magari avvalendosi del precedente costituzionale.

D’altronde è il diritto ad essere chiamato al compito di risolvere le controversie sia attraverso le norme, sia attraverso il processo. Ma a fronte dell’assenza di una specifica normativa che disciplini i conflitti si ricade in un diritto giurisprudenziale, ritenuto peraltro da molti preferibile a quello legislativo. Si evidenzia come la legge nella sua struttura ordinaria si presenti come scelta definitiva tra valori, ideologie, interessi in conflitto con un sacrificio definitivo di alcuni a favore di altri. La sentenza, la decisione giudiziaria, di contro, non è mai scelta definitiva, limitandosi a una fattispecie e non alla generalità dei casi è pur sempre suscettibile di mutamento, di ripensamento a favore della parte soccombente.

Queste argomentazioni possono apparire convincenti e le più intimidatorie nei confronti di una regola legislativa. Tanto più che nel nostro Paese, in assenza di uno specifico intervento normativo, la Relazione menziona i molteplici casi in cui la Corte costituzionale si è dovuta pronunciare su problemi sollevati in questioni di Covid, d’inizio e fine vita e di filiazione, esercitando il suo obbligo istituzionale di supplire alla condizione di stallo degli organi legislativi ad affrontare problemi nuovi ed eticamente dubbi per la società.

Lasciare, tuttavia, che la sentenza della Corte esplichi i suoi effetti, essendo chiaramente auto applicativa e non assumerla come base per un nuovo intervento legislativo si traduce, a fronte degli inevitabili conflitti che casi di questa natura hanno già suscitato e potranno suscitare, in un ulteriore trasferimento dei compiti del legislatore nelle mani dei giudici e delle loro interpretazioni ideologiche. È questa la ragione che spinge la Corte nella sua Relazione a ritenere necessaria l’esigenza di modulare gli effetti temporali della pronuncia, in una ottica di collaborazione con il legislatore, “così da agevolare un intervento legislativo per una disciplina ricostruttrice che si faccia carico del problema, evitando vuoti normativi, oltre che garantendo maggiore certezza dei rapporti giuridici”.