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di Francesco Bertolucci

firenzetoday.it, 12 settembre 2023

“Sollicciano è forse il peggior carcere toscano. Se l’anno scorso su tre suicidi avvenuti nelle nostre carceri tutti e tre si sono verificati qua, un motivo c’è. Andrebbe raso al suolo”. Giuseppe Fanfani, garante per le persone private della libertà della Toscana, non dipinge un quadro roseo del più grande carcere giudiziario fiorentino che anni fa sostituì quello delle Murate e che ciclicamente vede arrivare persone in custodia per un reato commesso in zona. Il rapporto fatto a febbraio da Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, spiegava che al momento della loro visita il carcere aveva 498 detenuti su 502 posti disponibili e si ravvisavano “oltre alle inaccettabili carenze dal punto di vista infrastrutturale” una “offerta inadeguata anche dal punto di vista di lavoro e la formazione”, “un unico mediatore culturale” con il 66 per cento dei detenuti di origine straniera, e i dati di 375 casi di autolesionismo e 28 tentati suicidi nel solo 2022.

La struttura sarebbe inadeguata - La medaglia di peggior carcere, secondo Fanfani non sarebbe dovuta a possibili mancanze delle persone che ci lavorano ma alla struttura stessa. “Chi ci lavora dà tutto - spiega Fanfani - il problema è che già a livello edilizio è organizzato in modo irrazionale. Alcune cose presenti sono un bell’esercizio architettonico ma non sono funzionali. Poi c’è il problema che le persone sono troppe per garantire un rapporto coi detenuti che non sia solo di contabilità numerica. Per garantire il reinserimento sociale del detenuto, ci vogliono strutture pensate appositamente. E Sollicciano non lo è, anzi. È uno dei carceri più alienanti, anche per questo i casi di autolesionismo sono tantissimi”.

Manca il lavoro - Una delle grandi problematiche sarebbe dettata dal fatto che sono veramente pochi i detenuti di Sollicciano che fanno un lavoro durante la pena. “Non c’è un reinserimento con il sistema economico della città - osserva il garante - come succede per esempio a Massa Marittima dove stanno facendo lavorare i detenuti nelle aziende agricole. Oppure a Massa dove quasi tutti lavorano facendo i tessuti per il sistema carcerario italiano. E il problema non è insegnargli un mestiere. Quello basta far fare dei corsi. Il fatto è che se non gli diamo un collegamento con l’esterno, il detenuto poi non lo vuole nessuno. Bisogna far vedere agli altri che le persone possono essere recuperate. Qui manca totalmente un collegamento con l’esterno. Quindi il detenuto esce dal carcere e si trova in una società che non lo accoglie perché è un ex detenuto. E se la società non lo riaccoglie, spesso torna a fare il detenuto. È un circolo che va spezzato”.

Seguire l’esempio del “Solliccianino” - Uno dei modi per risolvere il problema della vivibilità invece sarebbe quello di seguire l’esempio del Gozzini, carcere noto ai più come il Solliccianino con meno detenuti e dove tutti lavorano. “Ci vorrebbe di buttare giù Sollicciano e farne 2-3 più piccoli da 150-170 posti seguendo l’esempio del Gozzini - chiosa Fanfani - dove ci sono molti meno detenuti e tutti lavorano. Quindi è vivibile e funziona bene. C’è stato un grande lavoro di cooperative e volontariato per trovar loro lavoro, meno male che ci sono. Uno dei problemi è che la politica non parla mai di queste cose. O meglio, ne parla dicendo che andrebbero chiusi e buttata via la chiave per cercare voti. In campagna elettorale nessun partito ne ha mai parlato in termini di recupero delle persone. Perché fa perdere voti. La politica è immatura su questo tema”.