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di Jacopo Storni

Corriere Fiorentino, 12 marzo 2024

“In pochi giorni, la detenuta tunisina che ha perso il bambino a Sollicciano è dimagrita dieci chili, questo perché non ha potuto seguire una dieta islamica come previsto dalla sua religione. A differenza di quello che succede nel reparto maschile, dove i reclusi possono comprarsi prodotti halal, al femminile questa cosa non è consentita e il risultato è stata una perdita di peso molto importante. Non voglio dire che questo sia collegato direttamente ai problemi che hanno portato all’interruzione di gravidanza, ma resta il fatto che la donna non è stata adeguatamente seguita”. A parlare è Emilio Santoro, presidente del comitato scientifico de L’Altro diritto: “È una doppia discriminazione il fatto che la donna non abbia potuto seguire una dieta islamica, motivo per cui è dimagrita tanto: da un lato è una discriminazione religiosa, dall’altra una discriminazione di genere, visto che al reparto femminile non è consentito quello che è consentito al reparto maschile”. Proprio su questo tema, la detenuta, tramite l’associazione L’altro diritto, aveva presentato qualche settimana fa il reclamo 35bis al magistrato di sorveglianza, “reclamo che è stato consegnato alla matricola del carcere soltanto venerdì scorso, nonostante l’urgenza. Di fatto, nelle ore in cui la donna stava procedendo con l’interruzione di gravidanza, il suo reclamo non era ancora arrivato sul tavolo del magistrato”. Secondo Santoro, “la burocrazia del carcere ha tempi davvero eccessivi che non sono adeguati quando di fronte c’è la salute di una detenuta”. Non solo, ci sarebbero stati anche altri problemi, primo fra tutti quello della poca acqua bevuta dalla signora: “I medici, a causa di una infezione urinaria, le avevano suggerito di bere molta acqua, ma lei ha bevuto soltanto due bottigliette di acqua al giorno, questo perché non aveva soldi per comprarne altre”.