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di Pietro Mecarozzi

La Nazione, 2 febbraio 2024

Cimici, infiltrazioni, celle inabitabili: le condizioni del penitenziario sono al centro delle polemiche. La direttrice Tuoni: “La struttura è a un punto di non ritorno, non possiamo più andare avanti così”. Quadri colorati, arte che ritrae (scolpiti) momenti di gioia, e legno dalle sfumature calde che ricorre nella mobilia. L’ufficio di Antonella Tuoni, direttore del carcere di Sollicciano, è una bolla estranea all’ammasso di cemento e ferro che ci si trova di fronte una volta arrivati a metà di via Girolamo Minervini. Tutt’intorno le bellezze di Firenze hanno lasciato spazio ad architettura di periferia, che sembra cresciuta a immagine e somiglianza dell’istituto penitenziario. Sollicciano è luogo di confine, per due città (Scandicci e Firenze), ma anche per chi ci è recluso.

Cimici, infiltrazioni, celle in estate calde e d’inverno fredde. Dottoressa Tuoni, se ne sono sentite tante sul carcere di Sollicciano in questi mesi. La situazione è davvero così drammatica?

“È inutile nascondersi dietro a un dito. La situazione dentro l’istituto è davvero drammatica. I problemi strutturali hanno assunto caratteri allarmanti e le condizioni in cui sono reclusi i detenuti molte volte non sono accettabili”.

Si spieghi meglio...

“Dal 1994 al febbraio 2011 sono stata vice direttore di Sollicciano, per poi fino al 2017 ricoprire il ruolo di direttore dell’ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino. Successivamente sono tornata qui come direttore, e con mio estremo stupore ho ritrovato una situazione vertiginosamente peggiorata. Già nel 2011 la struttura necessitava di interventi di manutenzione straordinaria, e mi sono fatta portatrice di quest’istanza più volte. Oggi, però, siamo a un punto di non ritorno. Alcune volte, durante le visite che faccio ai detenuti, mi trovo perfino in imbarazzo per le condizioni in cui versano le loro celle”.

Quindi non è stupita del maxi sconto di pena di cui ha potuto godere recentemente un detenuto in quanto il magistrato di sorveglianza ha ritenuto che “a Sollicciano ci siano condizioni inumane”?

“Assolutamente no, anzi. Purtroppo l’appalto che avrebbe dovuto restituire condizioni dignitose alla struttura è sospeso dal febbraio 2023. E durante le forti piogge dello scorso novembre ho chiesto anche che un reparto del maschile fosse chiuso perché l’acqua aveva allagato i corridoi di accesso e le celle. Non possiamo più andare avanti così”.

È favorevole alla demolizione del carcere?

“Questa è un’opzione di cui spesso si fa portavoce la politica, ma sfatiamo un tabù: è completamente irrealizzabile. Pensiamo piuttosto a come riqualificare la struttura e il quartiere che la circonda, cominciando a sbloccare i fondi necessari per una maxi opera e non limitandosi a interventi di emergenza che sono dispendiosi e poco efficaci”.

C’è anche un problema di personale?

“Gli agenti in dotazione a Sollicciano dovrebbero essere 566, attualmente invece sono 350, e sono costretti a lavorare in condizioni molto difficili. Perché la deriva della struttura si riflette anche su di loro: ci sono poliziotti che hanno fatto causa all’amministrazione penitenziaria dopo alcuni infortuni dovuti alle criticità strutturali”.

Solliciano ha anche nove posti destinati ai detenuti con disagi psichici. Come vengono gestiti?

“Gli spazi sono gestiti da personale sanitario e i detenuti sono seguiti nei loro processi di cure. Ovviamente il contesto carcerario non aiuta questi soggetti, e il loro recupero deve passare per altri canali, possibilmente esterni”.

Di cosa ha bisogno quindi Sollicciano?

“Deve tornare in cima all’agenda politica, locale e nazionale. Servono interventi e progetti sostenibili per il suo recupero strutturale e soprattutto c’è la necessità di un cambio di mentalità: nel carcere non ci sono i reietti della società, ma persone che hanno commesso degli errori e ai quali bisogna fornire una chance per il reinserimento”.