sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

Ristretti Orizzonti, 17 febbraio 2023

La denuncia de “L’Altro diritto” che critica il protocollo tra Comune di Firenze, Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria e gli Istituti penitenziari fiorentini per impiegare, senza retribuzione, persone ristrette nella libertà in programmi di manutenzione del verde fiorentino.

È di alcuni giorni fa la notizia di un protocollo che Comune di Firenze, Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria e gli Istituti penitenziari fiorentini sono in procinto di sottoscrivere, anche con il contributo del Garante comunale dei detenuti, per l’impiego dei detenuti in attività di pubblica utilità (prevista dall’art. 20 ter o.p.).

L’accordo, secondo quanto riportato dalla stampa, prevede un percorso di formazione di Cna per 20 detenuti semi-liberi al quale seguirà lo svolgimento di un programma di manutenzione del verde pubblico.

L’intesa è presentata come uno strumento per favorire il reinserimento sociale dei detenuti, ma, secondo l’associazione L’altro diritto, nasconde una grave forma di sfruttamento: l’attività lavorativa prestata è infatti gratuita.

L’assenza di una retribuzione sminuisce il valore del lavoro che, secondo la nostra Costituzione, deve sempre essere accompagnato da una retribuzione “proporzionata alla quantità e qualità” del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia “un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36). Non si comprende perché questo principio fondamentale non debba valere per chi è ristretto in una struttura penitenziaria, non si comprendono le ragioni per le quali i detenuti, che già stanno scontando la pena della privazione della libertà personale, debbano scontare questa ulteriore umiliazione del lavoro gratuito. A subirne le conseguenze, poi, sono anche le famiglie che già si trovano private del reddito del familiare detenuto.

Il lavoro e l’accesso al reddito sono gli unici strumenti che possano garantire percorsi veri di reinserimento sociale. L’assenza di un reddito finisce per privare il lavoro della sua funzione educativa: il salario corrisposto ai detenuti, secondo i principi stabiliti dalla nostra Corte costituzionale (n. 1087/1988), serve a ribadire che l’unica forma legittima di guadagno è il lavoro.

È già emerso che in altri grandi Comuni italiani, come quello di Roma dove è utilizzata, questa pratica basata sull’uso di manodopera gratuita produce forme di concorrenza sleale a danno delle imprese del settore della manutenzione del verde pubblico: in molti casi si tratta di cooperative sociali che impiegano soggetti svantaggiati (tra i quali anche ex-detenuti) che si sono visti privati di occasioni di lavoro vero e retribuito.

Si ricorda, infine, che la manutenzione del verde pubblico si è rivelato uno degli ambiti che ha consentito, attraverso l’impiego (con retribuzione), l’ammissione di persone detenute al lavoro all’esterno o semi-liberi, ovvero l’accesso a misure alternative che permettono di ridurre la pressione del sovraffollamento nelle carceri e allargare la potenzialità educativa delle pene detentive.