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di Barbara Berti

La Nazione, 24 luglio 2023

Antigone denuncia la struttura fatiscente: “Inaccettabile”. Cruccolini: “Lavori per sette milioni di euro”. L’ultimo suicidio è di appena dieci giorni fa. Un detenuto tunisino di 47 anni che si impicca nella sua cella, e già prima aveva provato a ingerire delle pile per colmare quell’insofferenza di vivere.

È il sesto caso in appena 19 mesi. E Firenze, nell’impietosa classifica del Garante nazionale dei detenuti (relazione depositata in Parlamento il 15 giugno), è il quinto carcere italiano per uomini e donne che decidono di farla finita, appena dopo l’Ucciardone di Palermo. Perché lì dentro ci si ferisce per spaccare il silenzio e far sentire la propria voce, come ha rivelato un detenuto a Gaia Tortora durante la sua visita a Sollicciano: andata e ritorno all’inferno. Un girone dantesco con circa 550 reclusi stretti in una struttura che cade a pezzi: il 66% stranieri, la metà tossicodipendenti, tanti, troppi, malati psichici.

Antigone, da sempre attenta alla vita dietro le sbarre, calcola in 375 i casi di autolesionismo, 28 i tentati suicidi, 100 le aggressioni di cui la metà nei confronti di agenti, l’altra contro altri detenuti. E solo per il 2022. E parla di “situazione inaccettabile”. “In molte celle piove, fa freddo, mancano le luci e anche i sanitari hanno spesso problemi di funzionamento”. Senza parlare di spazi comuni. “Non ci sono”. Si sta fuori solo al cosiddetto passeggio.

“Oltre alle inaccettabili carenze dal punto di vista infrastrutturale, l’offerta è inadeguata anche dal punto di vista di lavoro e formazione”. L’associazione ha visitato il penitenziario a febbraio: “C’era un solo corso di formazione e un solo detenuto che lavora per datori esterni e 80, a turnazione mensile per l’amministrazione penitenziaria”. Di solito in cucina, come accade in tutte le carceri d’Italia per mettergli qualche soldo in tasca e strapparli a un niente che, nella peggiore delle ipotesi, uccide. Nelle settimane scorse quando il problema era la pioggia, mentre adesso il caldo che soffoca, una ventina di detenuti aveva preso carta e penna e scritto direttamente al magistrato di sorveglianza. Perché la pena è già la privazione della libertà. Non ci sarebbe bisogno di altro.

“Ciascuno da fine agosto è costretto a convivere con periodiche infiltrazioni d’acqua piovana dalle mura e con la presenza correlata di pozze, allagamenti e muffe”. E la mattina la sveglia è con “le ciabatte che galleggiano”. Era stato anche il presidente della Corte d’appello, Riccardo Nencini, nella relazione sul sistema giustizia in Toscana a puntare il dito contro Sollicciano e i detenuti presi a morsi dalle cimici. “La detenzione nel carcere cittadino” è “particolarmente gravosa se non, in casi sempre più frequenti, contraria ai principi di umanità della pena per i condannati”. Servivano - aveva scritto - interventi drastici. Da qualche settimana i lavori sono iniziati. Sette milioni di euro di investimento per rifare il cappotto della struttura, le celle e, finalmente, nuovi bagni (attualmente non sono nelle celle ma obsoleti e comuni).

Eros Cruccolini, il garante dei detenuti di Firenze cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno. “Sono in corso lavori per migliorare le condizioni nelle celle e negli spazi e si concluderanno a dicembre. Miglioreranno le condizioni strutturali. Sa, era venuto anche il ministro e si era detto ‘buttiamolo giù’, poi si è pensato di ristrutturarlo anche con fondi europei. Non è una struttura modello, ci mancherebbe ma stiamo facendo di tutto per migliorarla e migliorare anche le attività educative e formative con l’aiuto delle istituzioni, dalla Regione ai comuni di Firenze e Scandicci”.