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di Alessio Gaggioli

Corriere Fiorentino, 23 novembre 2022

La cultura dello scarto che “trova facilmente alimento nei pregiudizi ai danni di quanti, a torto o ragione, incappano nelle maglie della giustizia”. Era stato trasferito dal carcere di Pisa a quello di Sollicciano. Era stato seguito o lo era ancora dal reparto per la salute mentale perché aveva problemi psichiatrici e di dipendenze.

Forse proprio per questo, nonostante la condanna per stalking, non doveva essere in carcere. Fatto sta che in carcere - uno dei peggiori in Italia, quello di Sollicciano - c’è morto. Anzi, ha bloccato la serratura della cella, non perché non volesse uscire, ma perché voleva impiccarsi e non voleva essere salvato. È terminata così la vita di un uomo di 40 anni che prima di quel gesto estremo nella notte tra domenica e lunedì aveva comunque chiesto aiuto. A voce, perché pare avesse detto ai volontari che lo seguivano, che voleva uccidersi.

Per iscritto, tramite il suo avvocato, con una lettera mandata ai garanti (nazionale, regionale, provinciale) dei detenuti che definiscono la quarta persona che si è tolta la vita a Sollicciano dall’inizio dell’anno (una ogni tre mesi) “come una vittima del sistema”.

I garanti avevano chiesto che uscisse per trovare posto in una comunità. Il detenuto aveva chiesto i domiciliari a Firenze, dove vivono i suoi genitori, ma in una casa occupata. Nulla di tutto questo è stato possibile a causa delle lentezze e delle rigide barriere burocratiche. Il 40enne non aveva la residenza. Il foglio di carta che forse gli avrebbe salvato la vita. Chissà. Così eccoci alla solita tragica contabilità, al bollettino dei record negativi - qual è il carcere peggiore d’Italia? - ai titoli stanchi dei nostri giornali: “Un altro suicidio in carcere”.

Alla routine e allo sdegno del giorno dopo, o al massimo di quello dopo ancora. Si assiste agli scarica barile, alla denuncia delle Reims (le strutture di accoglienza per gli autori di reato) che mancano, del carcere che cade a pezzi come se bastasse ricostruire coi mattoni - se mai si farà - quello che ci sta dentro e soprattutto fuori che non funziona. In Italia in un anno i suicidi sono stati ormai 80, è l’anno più tragico. Domandiamoci allora se sia solo un problema di mattoni o sovraffollamento quello di Sollicciano. Tanto più che l’Italia, come ricordava ieri Gianfranco Marcelli su Avvenire, non è il paese europeo in cima a questa triste classifica.

C’è la Francia, ci sono Repubblica Ceca, Austria, Lettonia e altri. Forse il problema è per lo meno continentale e forse riguarda noi stessi, la nostra cultura, la cultura dello scarto che “trova facilmente alimento nei pregiudizi ai danni di quanti, a torto o ragione, incappano nelle maglie della giustizia. E quindi non meritano che ci si affanni troppo per loro”.

In carcere d’altra parte, come scriveva ieri sui social l’amico radicale Massimo Lensi, si muore anche per malattia e per altre ragioni, guarda un po’. Perché alla fine “la percentuale di morte in carcere è quasi un dato sostenibile rispetto all’utilità sociale della carcerazione”. Rispetto al dogma della sicurezza. Al pericolo più grande che resta sul campo subito dopo lo sdegno della tragedia: l’assuefazione. E nulla cambia.