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di Liana Milella

La Repubblica, 9 dicembre 2022

“Nordio? Non mi piace più come ministro della Giustizia dopo i suoi discorsi in Parlamento”. L’ex Guardasigilli ed ex presidente della Consulta Giovanni Maria Flick ripercorre con Repubblica il Nordio pensiero che “rischia di non risolvere i tanti problemi della giustizia”.

Tra Senato e Camera, in due audizioni, Nordio ha distrutto la magistratura. Reati inutili, ma comunque perseguiti per fare spettacolo, intercettazioni di fatto illegali, Csm “palamariano”, giudici e pm in combutta ai danni dell’indagato, inchieste inutili, presunzione d’innocenza volutamente violata. Che ne pensa di questa “tabula rasa”?

“Mi lascia perplesso usare questa definizione per una realtà complessa che viene molto semplificata, da un lato con le parole di Nordio, e dall’altro con le critiche che gli si muovono. Preferisco vedere la magistratura nei termini in cui essa è stata richiamata dal presidente della Repubblica nel giorno del suo insediamento”.

Perché, cosa disse che l’ha stupita?

“Sono rimasto colpito dalla distanza tra l’elogio alla magistratura che il presidente aveva fatto nel 2018, nell’giorno del suo primo settennato, e la durezza del quadro che ne ha fatto invece quest’anno. Necessità di un profondo impegno riformatore, perplessità di fronte a un terreno di scontro che ha fatto perdere di vista gli interessi della collettività, necessità che l’ordinamento giudiziario e il Csm corrispondano alle pressanti esigenze di efficienza e credibilità”.

Allora lei è un “nordiano”?

“Proprio per niente. Condivido le censure pesanti che tanti, compreso Nordio, muovono alla dinamica delle intercettazioni e alla loro divulgazione. Non credo però che il rimedio possa essere quello che lui propone, intercettazioni riservate, segrete di competenza pressoché esclusiva della polizia, senza un controllo effettivo della magistratura e senza garanzie di conoscenza per chi ne è oggetto”.

Ma Nordio ce l’ha con gli ex colleghi?

“In alcuni passaggi ne parla troppo male per non ingenerare il sospetto di un inconscio freudiano e di una latente rivalsa”.

Le intercettazioni, Nordio minaccia di dimettersi se non riesce a ridurle e a non farle più uscire. Ma queste registrazioni non sono forse atti del processo che, al pari degli altri, devono diventare pubblici?

“Le registrazioni che stanno all’interno del processo e che sono “assolutamente indispensabili” per proseguire le indagini, sono già regolate da una legge precisa e valida, che proposi io venti anni fa e che ha attuato dopo molte discussioni il Guardasigilli Orlando nel 2017. Il problema è far rispettare questa legge e usare le intercettazioni quando ne ricorrono i presupposti. Ma non è logico contestare un reato con pene alte al solo fine di poter intercettare”.

Come altri prima di lui, vedi Berlusconi e Renzi, Nordio agogna una riforma costituzionale. Che evidentemente colpisce l’immaginazione. Non le pare invece che la giustizia sia una macchina che ha bisogno, lasciando tutto com’è, solo di un buon manovratore?

“Qualche modifica costituzionale può essere necessaria. La prima, per me, è riconoscere al capo dello Stato la nomina del suo vice presidente al Csm che oggi invece, come raccontano le cronache, appare oggetto di una trattativa tra correnti dei togati e laici indicati dalla politica. Le “porti girevoli” vanno chiuse non solo per chi entra ed esce dalla magistratura per fare politica, ma anche da chi esce dalla politica per andare al Csm. La Costituzione richiede, per i laici, non requisiti di rappresentanza politica, ma di preparazione tecnica”.

Nel merito, un ministro dura in carica, se tutto va bene, 5 anni. Ha senso imbarcarsi in una riforma costituzionale? I precedenti di Berlusconi e Renzi sono stati fallimentari...

“Se si vogliono separare le carriere, obiettivo mitico e storico del contrasto tra giudici e avvocati, e se si vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale che da principio di eguaglianza finisce per diventare foglia di fico di una discrezionalità abnorme, occorre una modifica costituzionale. Ma è proprio così necessaria e urgente? A me sembra che la concretezza dei problemi della giustizia richieda interventi immediatamente operativi e non anni di attese”.

Ma che garanzie darebbe a tutti noi la discrezionalità dell’azione penale? Non è vero invece che tutti i reati, grandi e piccoli, ovviamente con pene diverse, vanno perseguiti?

“Sì, ma solo se ciò è possibile. L’esperienza insegna che i reati sono tanti e per giunta si continuano a prevederne altri”.

Sta pensando al decreto Rave?

“Come ha fatto a indovinare?”.

Nella sua esperienza di avvocato ha visto davvero questo connubio scandaloso tra pm e giudici?

“Ho visto qualche episodio che mi ha lasciato perplesso ma non credo si possa generalizzare. Il problema non è tanto quello di separare le carriere, quanto di chiedere ai pm il rispetto rigoroso delle regole”.

“Garantisti nel processo, giustizialisti nella pena” dice Meloni.

“È un binomio contrario alla Costituzione, per me inaccettabile, che mi auguro il ministro della Giustizia rettifichi totalmente nel ‘suo vasto programma’“.