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di Francesco Oliva

La Repubblica, 27 marzo 2024

“Ho tentato il suicidio prima che mi uccidessero loro”. L’uomo di 36 anni di San Vito dei Normanni, nel Brindisino, ha depositato una denuncia querela in cui ricostruisce il clima di paura culminato nel tentativo di impiccarsi: episodi scaturiti dal procedimento disciplinare nei confronti di un poliziotto a causa di una sua dichiarazione. Un tentativo di suicidio in cella dopo le minacce delle guardie carcerarie, a seguito di un procedimento disciplinare di cui lo incolpavano.

“Dal carcere uscirai in un sacco nero”, gli avrebbe detto un poliziotto mentre con alcuni complici studiava un piano per ammazzarlo. Mentre lui, un detenuto, era imbottito di ansiolitici fino a perdere lucidità e a non riconoscere neppure i suoi stessi familiari durante i colloqui.

Una lunga odissea in più carceri ricostruita nella denuncia-querela depositata da Leonardo C., 36enne di San Vito Dei Normanni, con piccoli guai con la giustizia, ma soprattutto con più di qualche problema di salute. Continui ricoveri, trasferimenti da un penitenziario all’altro e una gestione delle sue patologie su cui sono stati chiesti approfondimenti. Una vicenda, tutta da ricostruire e che, per il momento, si fonda sul racconto del 36enne assistito dall’avvocato Andrea D’Agostino.

È il 23 ottobre del 2023 quando l’uomo viene arrestato nel suo paese: un cumulo definitivo per alcune truffe. In caserma informa dei suoi problemi di salute: operato allo stomaco di sleeve gastrectomy (una riduzione dello stomaco), deve seguire una dieta rigorosa, a base di frullati e proteine sia in polvere che in pastiglie e mangiare cibo fresco non in scatola privo di conservanti. Giunto nel carcere di Brindisi, il detenuto viene visitato da un dottore ma nonostante le rassicurazioni gli viene fornito il pasto comune che non può consumare. Dopo alcuni giorni, finisce in ospedale. È in pericolo di vita: vomita e sanguina dalla bocca.

Rientrato in carcere, “vengo visitato dallo psichiatra che mi chiede se avessi mai fatto uso di terapia ansiolitica - riporta il 36enne in denuncia - rispondo negativamente e rifiuto la terapia. La terapia mi viene comunque somministrata, facendola passare per vitamina b12 (circa 60 gocce al giorno)”, racconta. Le sue condizioni psicologiche, però, precipitano. Non riconosce più neppure i familiari a colloquio ed è così debole da essere trasportato su una sedia a rotelle.

Il 21 novembre del 2023 viene trasferito presso il carcere di Lucera (in provincia di Foggia) dove il medico gli comunica che non può essere curato come vorrebbe. Lentamente smette di utilizzare le gocce di ansiolitico da cui era diventato dipendente, ma non riesce a risolvere i problemi alimentari. “Sono quindi stato posto in isolamento - ripercorre in denuncia - poiché la polizia penitenziaria voleva comprendere esattamente come mi alimentavo, indagando su cosa mia moglie mi portasse come cibo e su cosa comprassi. Mia moglie aveva acquistato anche dei prodotti per un mio compagno, anch’egli detenuto in isolamento: dopo la perquisizione delle celle, tali prodotti (registrati a mio nome), venivano rinvenuti nella cella del mio compagno e, pertanto, venivo richiamato dalla direttrice che mi chiedeva come avessi fatto a fornire tali prodotti al mio amico”.

Il detenuto risponde dicendo la verità: “Uno degli agenti mi aveva aperto la cella per andare a portare i prodotti introdotti da mia moglie al mio compagno”. Tale “confessione” à la stura ad un rapporto disciplinare a carico dell’agente. “E da quel momento sono iniziati i problemi - è il fulcro della denuncia - il 20 dicembre del 2023, uno degli agenti è venuto da me e mi ha detto che sarei stato trasferito a Foggia e che lì c’erano parenti ed amici ad aspettarmi e che da quel carcere sarei uscito in un sacco nero, perché rappresentavo il primo caso in Italia in cui, per colpa di un detenuto, il rapporto disciplinare era stato indirizzato ad un agente. Mi invitava altresì ad impiccarmi da solo senza che fossero costretti loro a farlo”.

Dal penitenziario di Lucera l’uomo viene trasferito nel carcere di Foggia “dove sono rimasto dodici ore nelle celle di smistamento, senza bere e mangiare”. Il 36enne viene nuovamente visitato dai medici ma, ancora una volta, la sua patologia non è degna di essere considerata e approfondita. “Il 24 dicembre 2023, vedo un agente parlare con alcuni detenuti: riesco, di nascosto, ad ascoltare la conversazione perché capisco che stava parlando di me; l’agente racconta di ciò che è accaduto a Lucera ed afferma “deve morire, vedete voi come fare, ci sono io, tranquilli, nessuno saprà nulla. Con una scusa, riesco a farmi spostare di sezione. Ma la notte del 31 dicembre 2023, sento che stanno organizzando la mia punizione: una infermiera bionda stava fornendo ad un detenuto delle garze per chiudermi la bocca. A quel punto, ho tentato di impiccarmi”. E la sua vicenda, tutta da verificare, è ora oggetto di un’indagine.