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di Gerardo Villanacci

Corriere della Sera, 4 gennaio 2023

Per la prima volta nella storia le risorse messe a disposizione del nostro Paese possono rafforzare il nostro sistema di istruzione, innovandolo sia dal punto di vista strutturale che funzionale.

Il primo sistema d’istruzione del nostro Paese è stato introdotto con la legge Casati del 13.11.1859, in soli 4 mesi. Un tempo record per gli standard odierni. Forse potrebbe essere improprio parlare di una legge italiana emanata prima dell’Unità d’Italia del 1861 ma è certo che alla stessa, o per meglio dire al suo legislatore, non può essere negato il merito di aver compreso che nel “fare l’Italia” dovevano essere “fatti anche gli italiani” che, in quel momento storico, erano analfabeti per il 78%.

Sia pure con tutte le problematiche connesse, tra le quali quelle legate alla carenza di diffusione nelle zone più disagiate del Sud, oppure la mancanza dell’obbligo scolastico, ma anche l’assenza di disposizioni per le scuole dell’infanzia e la promozione professionale, è certo che la scuola rappresentò il più potente collante della popolazione. Eppure, nella concreta attuazione della riforma, il sistema scolastico tradì i principi sulla base dei quali era stato realizzato. In primo luogo la inadeguatezza delle risorse stanziate.

A distanza di oltre un secolo e mezzo e nonostante le numerose riforme nel frattempo intervenute, i problemi della scuola di oggi, quantomeno nella sua macro enucleazione, sono rimasti gli stessi. Proprio per questa ragione possiamo ben dire che per la prima volta nella storia le risorse messe a disposizione del nostro Paese dal progetto di ripresa europeo Next Generation EU, del quale il nostro Pnrr fa parte, rappresentano una possibilità irripetibile per rafforzare il nostro sistema di istruzione, innovandolo sia dal punto di vista strutturale che funzionale.

Benché il conflitto russo-ucraino, che ha modificato gli equilibri geo-politici ed economico-finanziari internazionali portando l’Europa in una imprevista e rilevante crisi energetica, imponga un riordinamento delle priorità e degli investimenti previsti dal Pnrr, dobbiamo continuare a mantenere la barra dritta e non rinunciare agli obiettivi preventivati. Tra questi l’istruzione e ricerca, che con la disponibilità di oltre 30 miliardi di euro, è la terza missione maggiormente finanziata e, verosimilmente, quella che consentirà al nostro Paese di conseguire una maggiore efficienza e competitività.

Parliamo di una riforma che, suddivisa in due tronconi, attiene al “potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università” il cui stanziamento è di 19,44 miliardi di euro e riguarda sia investimenti strutturali che formativi. E l’altro segmento “Dalla ricerca all’impresa” con il quale si mira, attraverso la disponibilità di 11,44 miliardi di euro, a sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo, promuovendo l’innovazione e la diffusione delle tecnologie e a rafforzare le competenze.

D’altra parte la messa in sicurezza e, più in generale, la modernizzazione degli oltre 42 mila edifici scolastici italiani, che mediamente ospitano circa 8 milioni di studenti, non è ulteriormente differibile posto che, solo per dare un’indicazione di massima, il 3% è stato costruito nell’Ottocento, e soltanto il 32% dopo il 1976. A ciò si aggiunga l’altro rischio sismico, considerando che solo l’8% è stato progettato secondo normative anti sismiche nonostante il 54% degli stessi si trovi in zone sismiche.

Con analogo impegno si deve puntare allo sviluppo del capitale umano. Un obiettivo che deve diventare priorità assoluta per scongiurare il declino del nostro Paese che più di altri, tra quelli europei, è caricato da un ingente debito pubblico, da una ormai insostenibile paralisi infrastrutturale, da un costo del lavoro eccessivo, una economia sommersa e basso tasso di natalità.

Soltanto assumendo con determinazione l’impegno di innovare scuola e università, riconoscendo il merito e promuovendo le eccellenze, si può implementare lo sviluppo e migliorare il benessere della società. L’attrattività della scuola, con la realizzazione di strutture idonee e stimoli formativi, tra i quali l’attuazione di un sistema integrato scolastico professionale, è l’arma più potente per contrastare i pericoli dell’abbandono e della dispersione scolastica.