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di Giovanni Del Giaccio

Il Messaggero, 29 giugno 2024

Era in attesa del processo, aperta un’inchiesta. È morto in cella, dopo avere inalato il gas della bombola del fornello da campeggio. È il terzo caso in Italia in poco più di 24 ore. È accaduto al carcere di via Cerreto, a Frosinone. La vittima è un ragazzo italiano di 21 anni. L’episodio è avvenuto nel pomeriggio di giovedì, poco prima delle 15. La Procura ha aperto un fascicolo e sono in corso gli accertamenti da parte degli investigatori, ma sembrano esserci pochi dubbi sulle modalità del suicidio. La salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria e non è escluso che sia disposta l’autopsia. Sono stati anche acquisiti i documenti relativi alla detenzione e la cartella clinica della giovane vittima.

Il ragazzo, infatti, aveva problemi di salute mentale, era stato spesso in ospedale e di recente e aveva subito anche un “Tso”, il trattamento sanitario obbligatorio. Aspettava di essere processato per minacce, la sua era una detenzione preventiva. Cosa sia successo e perché abbia compiuto l’estremo gesto è tutto da capire, resta il fatto che a togliersi la vita sono, sempre più spesso, i detenuti che non hanno ancora una pena da scontare ma sono in carcere aspettando il giudizio. A trovare il corpo del ragazzo, che era in cella da solo, un agente della polizia penitenziaria che si è accorto del fatto che il giovane non rispondeva e non usciva dal bagno.

“È una tragica e spaventosa sequenza” - dicono dal sindacato Uilpa, denunciando, fra l’altro, anche un’aggressione - l’ennesima - sempre nel carcere di Frosinone e sempre giovedì. Un agente è finito in ospedale con la frattura di un piede. “Chiediamo come facciano a prendere sonno coloro che ne hanno, innegabilmente, la responsabilità politica e morale” - dichiara Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa. “È’ un fatto triste e grave” dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe, il quale sottolinea: “È ora che al posto delle pericolosissime bombolette a gas, a volte trasformate anche in bombe contro il personale, si dotino le carceri di piastre elettriche per riscaldare il cibo dei detenuti”.

Per Massimo Costantino, segretario generale Fns Cisl Lazio “più volte il ragazzo aveva dato segnali di disagio psichico”. Non solo patologie e carcerazione preventiva, ma anche sovraffollamento: “Ci sono 1.498 detenuti in più rispetto alla capienza dei 14 istituti del Lazio - sono i dati forniti dalla Cisl - risultano infatti 6.779 su un massimo di 5.281”.

“Tutto tace e quel poco che sentiamo non ci piace: nuovi reati, pene più alte, l’idea che la sofferenza e le proteste in carcere si affrontino con le maniere forti: ordine, disciplina e ulteriori punizioni”, le parole di Stefano Anastasia, garante per i diritti dei detenuti.

“Una strage silenziosa che prosegue nell’indifferenza del dibattito pubblico - le parole di Claudio Marotta, capogruppo per Alleanza Verdi e Sinistra in Consiglio Regionale del Lazio - le gravi condizioni in cui versano le nostre carceri sono una vergogna che deve essere affrontata con urgenza”. Per l’assessore regionale a personale e sicurezza urbana, Luisa Regimenti: “L’ennesimo suicidio in un istituto penitenziario, rappresenta una sconfitta per lo Stato. In Regione Lazio stiamo lavorando ai nuovi bandi per il reinserimento sociale dei detenuti e per garantire il diritto all’istruzione. Intendo, inoltre, essere promotrice di un tavolo di lavoro interistituzionale che, recependo un atto di indirizzo della Conferenza unificata mai attuato nel Lazio, coinvolga il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, il garante delle persone private della libertà personale, le Asl e le associazioni che operano negli istituti penitenziari. L’obiettivo è quello di elaborare un piano regionale per la prevenzione dei suicidi negli istituti penitenziari”.