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di Jacopo Storni

Corriere della Sera, 22 dicembre 2023

Sono centinaia i parenti delle vittime delle stragi naziste che hanno fatto richiesta dei risarcimenti, in virtù del fondo da 61 milioni istituito dal Governo Draghi. L’Avvocatura italiana in quasi tutti i casi si sta opponendo. Il senatore Pd Parrini: “Atteggiamento vergognoso”. Ogni giorno, dalla finestra di casa, Mirella Lotti vede il bosco dove suo padre è stato fucilato insieme ad altre undici persone. Quel bosco, tra erba e vigneti, si chiama Pratale, così come l’eccidio nazista che si è consumato qui. È il 23 luglio del 1944. Al podere Pratale abitano le famiglie contadine dei Gori, dei Cresti e dei Raspollini, alle quali si aggiunge la famiglia Lotti, sfollati dalla vicina località di Fabbrica. La sera intorno alle 20, un gruppetto di tedeschi appartenenti alla Quarta Divisione Paracadutisti fa irruzione nell’abitazione, sorprendendo le quattro famiglie a cena. Vengono separati gli uomini dalle donne e dai bambini. Mentre il gruppo delle donne viene fatto allontanare in direzione di Fabbrica, gli uomini vengono fatti entrare nel bosco. Vengono allineati e uccisi a colpi di mitra.

Sono passati quasi ottant’anni e Mirella Lotti, figlia di Giuliano, ci porta esattamente nel luogo dell’eccidio e ricorda quei momenti drammatici. “Avevo 11 anni, ero in collo a mio babbo, quando arrivarono i tedeschi gli chiesi se ci avrebbero ammazzati, lui rispose che sì, forse ci avrebbero ammazzati. Poi un soldato mi dette una spinta e caddi dalle braccia di mio padre. Lo vidi allontanarsi, e da quel momento non l’ho rivisto mai più. La mattina dopo le nostre mamme scoprirono che erano stati trucidati. Non ho mai smesso di soffrire. Quanto pagherei per riavere mio babbo almeno per un minuto, gli direi quanto gli ho voluto bene e quanto mi è mancato per tutta la vita”. Mirella resta in piedi di fronte al monumento ai caduti: una piccola lapide in mezzo al bosco, le cui indicazioni si leggono a malapena sulla strada principale. Per arrivarci bisogna fare quasi un chilometro di strada sterrata in auto, poi un altro pezzo a piedi tra i campi. “Questi poveretti sono stati uccisi e dimenticati” è l’amaro commento di Mirella, oggi a 90 anni.

Anche per questo è importante ottenere giustizia, che mai è arrivata secondo la signora. “Ecco perché abbiamo chiesto il risarcimento tramite il fondo istituito dal Governo”. Mirella è una delle centinaia di parenti delle vittime delle stragi naziste che ha fatto richiesta dei risarcimenti, in virtù del fondo da 61 milioni istituito dal Governo Draghi. Sono migliaia i potenziali beneficiari dei fondi e sono già centinaia le cause civili mosse contro la Germania. Alcuni processi sono già terminati in primo grado con sentenze favorevoli ai parenti delle vittime. Tra loro c’è appunto Mirella: il giudice di Firenze ha stabilito per lei, in primo grado, un indennizzo di 50mila euro.

E poi c’è Katia Poneti, nipote di Egidio Gimignani, che ha fatto richiesta insieme al fratello. Per loro il giudice ha stabilito, sempre in primo grado, un rimborso di 50mila euro. “Mio nonno non l’ho mai conosciuto, ma l’ho sentito vivere tramite le parole di mia madre. Avevo 11 anni quando mio padre è morto. Era un partigiano e viveva a San Donato in Poggio, vicino Firenze. Fu riconosciuto dai tedeschi perché era armato e portava un fazzoletto rosso. E per questo fu ucciso”.

L’indennizzo economico, secondo Katia, “è una forma importante di giustizia, perché mia madre non si è mai ripresa dalla morte di suo padre e oggi, se fosse ancora viva e potesse accedere a questo risarcimento, si sentirebbe in qualche modo liberata dal dolore che non l’ha mai mollata”.

Eppure non è detto che i risarcimenti monetari arriveranno effettivamente. L’Avvocatura italiana, che rappresenta lo Stato nelle controversie legali, in quasi tutti i casi si sta opponendo ai risarcimenti, che per arrivare a destinazione devono attendere la sentenza definitiva. I motivi dell’opposizione sono vari, tra cui i dubbi sugli effettivi danni procurati ai nipoti che non hanno mai conosciuto i nonni uccisi. L’Avvocatura ha sostenuto inoltre che in mancanza dell’accettazione dell’eredità l’erede non abbia diritto al risarcimento.

È notizia proprio delle ultime ore, che l’Avvocatura ha impugnato anche le sentenze di primo grado di Lotti e Gimignani, in questo caso per motivi di natura procedurale: si andrà quindi in appello nel 2024, con buona pace (e relativa amarezza) dei parenti dei due uomini uccisi. I motivi della citazione in appello sono molto tecnici, come spiegano gli avvocati dei parenti delle vittime toscane. Nello specifico, spiega l’avvocato Iacopo Casetti, “l’Avvocatura contesta la forma e il contenuto della sentenza sostenendo che la Repubblica Federale di Germania venga estromessa da tutte le diciture, non deve essere proprio citata. A nostro giudizio è un ricorso più che altro politico, basato su poca sostanza, giusto per rimandare l’arrivo effettivo dei risarcimenti”.

“È un’assoluta vergogna che lo Stato italiano ostacoli, invece di portare avanti e contribuire a definire, il percorso giudiziario che vede coinvolta la Repubblica federale di Germania nell’assunzione di responsabilità dei crimini nazifascisti perpetrati nel nostro territorio attraverso il risarcimento dei danni ai familiari delle vittime” ha detto il sindaco David Baroncelli del Comune di Barberino Tavarnelle, dove vivono Lotti e Gimignani. “I due appelli - continua il sindaco - sono identici e il fatto paradossale è che la contestazione è riferita non tanto al quantum del risarcimento né ai fatti presi in esame ma ai soggetti coinvolti. Secondo l’Avvocatura dello Stato il percorso giudiziario doveva far riferimento unicamente allo Stato italiano e non alla Germania. È chiaro che si tratta di un incomprensibile pretesto per allungare i tempi a danno dei familiari, di chi ha visto morire i propri cari”.

Il senatore Pd Dario Parrini ha presentato a maggio un ddl - ancora non discusso - per chiarire che lo Stato non deve essere parte attiva nei processi e invitare l’Avvocatura a tenere conto della notifica delle cause alla Germania solo come avviso, non come richiamo a costituirsi in giudizio. “Un atteggiamento vergognoso quello dell’Avvocatura dello Stato - ha detto Parrini - che evidentemente ha la finalità non solo di ostacolare, nelle cause, le legittime richieste dei ricorrenti, ma anche con quella di indurre a desistere chi sta decidendo se intraprendere o no un’azione giudiziaria.

Non si spiega in altro modo la decisione di sostenere argomenti che fanno accapponare la pelle, come quello secondo cui sarebbe da considerarsi prescritto il diritto al risarcimento per crimini contro l’umanità, o quello secondo cui non si dovrebbero indennizzare le due figlie di un uomo ucciso in un eccidio nazifascista perché all’epoca dei fatti erano troppo piccole per essere ritenute vittime di un danno reale”. Il disegno di legge è stato firmato da molti politici della commissione Affari costituzionali, tra loro anche il presidente Alberto Balboni (Fratelli d’Italia) e altri politici della maggioranza.