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di Andrea Siravo

La Stampa, 26 novembre 2023

L’ex numero uno della Polizia interviene dopo le accuse alle forze dell’ordine. “Serve ascolto, non basta aprire un semplice fascicolo o una pratica burocratica”. Non vuole né banalizzare né generalizzare Franco Gabrielli la rabbia e l’indignazione social esplosa per il post Instagram della Polizia di Stato (“Se domani sono io, se domani non torno, mamma distruggi tutto”) in solidarietà di Giulia Cecchettin. “Quando ero capo della polizia l’ho sempre detto chiaramente: la trattazione di queste vicende non può essere quella di un semplice fascicolo o di una pratica burocratica”, conferma l’ex sottosegretario del governo Draghi con delega ai servizi segreti e già numero uno della polizia. E per vicende si intende segnalazioni alle forze dell’ordine di casi di maltrattamenti, violenze e abusi.

Prefetto Gabrielli, esiste un problema tra gli operatori di scarsa preparazione o addirittura di propensione a giudicare irrilevanti le richieste di aiuto delle vittime?

“Noi tutti siamo consapevoli di come molto spesso le donne siano in difficoltà a denunciare. Già questo passaggio ha dietro un’elaborazione e una sofferenza non dicibile. Se questo grido d’aiuto cade nel vuoto, realizziamo due negatività. In primis, non diamo risposte specifiche e poi lanciamo un messaggio devastante. Ma generalizzare non è onesto”.

Si spieghi...

“Con piacere e orgoglio, in 38 anni di carriera ho visto tantissime operatrici e operatori che si sono spesi oltre quello che era loro consentito e possibile. La più bella definizione della parola responsabilità è quella di dare risposte. In queste situazioni così sensibili, non dare risposte è un crimine nel crimine. Al tempo stesso l’ingiusta generalizzazione da un lato non rende giustizia a chi si spende con grande impegno e sacrificio e dall’altro alimenta un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni che in questo momento non serve”.

Non solo alle forze dell’ordine e alla magistratura si può delegare il compito di captare i segnali di pericolo. Un aiuto deve arrivare anche dalla società civile?

“Assolutamente, cito a proposito l’esempio della violenza dell’altra notte in piazza della Scala a Milano. E un’immagine su cui dobbiamo costruire il nostro futuro. Con vittime che hanno la prontezza di farsi avanti, cittadini che recepiscono il grido d’allarme, come la dipendente del fast-food che è intervenuta, e forze dell’ordine che intervengono tempestivamente”.

E poi c’è il piano normativo. Ad ogni nuova emergenza in tema sicurezza la risposta della politica sembra essere quella di fare nuove leggi. Lo dimostra l’omicidio di Giulia Cecchettin e l’approvazione in tempi record del nuovo ddl che rafforza il Codice Rosso. Funziona?

“Sui reati contro le donne credo che il tema principale sia quello culturale. Da tempo sostengo che siamo affetti da una bulimia normativa. Io non sono un fan dei provvedimenti, perché purtroppo a volte sono “grida manzoniane”. Se poi possono avere una ricaduta positiva, ben vengano. Ciò detto non credo alla funzione salvifica degli strumenti fine a se stessi: se non vengono introiettati portano molto poco lontano. Credo molto di più a un cambio di mentalità che determini come certi comportamenti siano assolutamente da bandire. Soprusi e violenze non hanno cittadinanza e dovrebbero restare fuori dalla civile convivenza”.

Prima ha parlato di un episodio successo a Milano. Dal 2 ottobre è delegato per la sicurezza urbana e la coesione sociale del Comune. Come ha visto la città, al centro di un duro scontro politico, sulla gestione della sicurezza?

“Non c’è un’emergenza, come ha già detto in precedenza il ministro Piantedosi e ha ribadito più volte il sindaco Sala. Parlarne credo sia improprio. Tuttavia, non si può ricondurre tutto a un tema di percezione di insicurezza. Una serie di criticità ci sono e ovviamente sono reali e amplificano in un contesto più generale la paura nei cittadini. In particolare, evidenzio i reati predatori violenti su strada. Sono quelli che hanno un maggior impatto anche sul versante della fruibilità piena della città a partire dalle donne e da chi si sente indifeso”.

Lei è stato voluto personalmente dal sindaco Giuseppe Sala. A Palazzo Marino venerdì avete illustrato una serie di provvedimenti sulla prevenzione. Qual è stato il suo contributo?

“Si possono fare tanti discorsi e immaginare molte azioni da realizzare, ma quello che conta sono i risultati. Il tema del coordinamento è una chiave importante che consente a chi è chiamato a dare risposte di darle senza confusione e sovrapposizioni. In questo quadro è necessario aumentare la presenza delle pattuglie e le forme di prossimità affinché il cittadino possa vedere le divise in strada. “Non ci sono”, è uno dei refrain che ho sentito maggiormente. Il tema è quindi quello di rioccupare il territorio. Se resta vuoto e non lo occupa lo Stato, lo faranno altri riempiendolo con delle negatività di cui i cittadini poi si lamentano”.