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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 25 ottobre 2023

Entro il 2 novembre la commissione Giustizia dovrà esprimere il parere sulla terna proposta dal governo. Il M5S conferma il suo appoggio al centrodestra, come a Palazzo Madama.

Garante dei detenuti, si vota senza audizioni. Il niet alla Camera come al Senato. Un voto a scatola chiusa. Per il rinnovo del collegio del Garante delle persone private di libertà la maggioranza di centrodestra non accetta altra soluzione. Dopo il Senato, anche alla Camera i parlamentari della commissione Giustizia, gli unici a cui viene chiesto di esprimere un parere sulla nuova terna di nomi proposta il 25 settembre dal Consiglio dei ministri prima che la nomina diventi effettiva con un decreto del Presidente della Repubblica, non potranno audire i candidati. Ossia non potranno porre loro domande né ascoltare le loro posizioni prima di esprimere il proprio voto su un’Autorità così importante e in un ambito nel quale l’Italia è da anni sottoposta a richiami e condanne da parte della Corte europea dei diritti umani. La decisione di replicare il metodo di designazione applicato il 18 ottobre scorso in Seconda commissione di Palazzo Madama (definito “inaccettabile e intollerabile” da Pd, Avs e Azione-Iv, che perciò per protesta quel giorno non hanno partecipato al voto, espresso dunque solo dal centrodestra e dal M5S) è stato annunciato ieri ai deputati della commissione Giustizia di Montecitorio dal presidente Ciro Maschio.

Eppure l’esponente di Fd’I una settimana fa aveva chiesto e ottenuto dal presidente della Camera di rinviare di dieci giorni la seduta della commissione, in modo da poter valutare più attentamente la possibilità di audire i tre candidati. Ieri però ha confermato il suo no, in linea con quanto accaduto al Senato. Così, il professore Felice Maurizio D’Ettore, proposto come presidente, la giurista romana Irma Conti e il civilista palermitano Mario Serio (rispettivamente in quota Fd’I, Lega e M5S) otterranno con ogni probabilità il secondo via libera a Montecitorio nei primi giorni della settimana prossima, in ogni caso non oltre la deadline del 2 novembre.

La settimana scorsa una quindicina di associazioni che si occupano di diritti umani avevano manifestato la stessa preoccupazione delle opposizioni politiche, considerando i tre candidati non del tutto adatti: per una questione di indipendenza, in quanto espressione diretta dei partiti, e per mancanza di esperienza diretta sul campo.

I deputati Pd, Avs e di Azione-Iv stanno valutando se replicare la protesta messa in scena al Senato, con la rinuncia al voto. “La maggioranza non ha avuto il coraggio di affrontare le audizioni da noi proposte - spiegano i capigruppo della sinistra Devis Dori e dei dem Federico Gianassi - Prima si sono trincerati dietro il no del Senato, ora hanno ribadito la loro chiusura. Non possiamo che esprimere la nostra protesta per questa assurda scelta di blindarsi nei loro circuiti, palesando una debolezza del ministero della Giustizia rispetto alle decisioni prese”.

Quanto al Movimento 5 Stelle, cosa farà? “La linea è unica”, risponde la capogruppo in commissione: “Ritenevamo utili le audizioni, senz’altro - chiarisce la deputata Valentina D’Orso - Ma voteremo insieme al centrodestra, come abbiamo fatto al Senato. Per coerenza”. Tradotto: per accordi già presi.