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di Marco Fagandini

Il Secolo XIX, 2 luglio 2022

La procura di Genova ha aperto un fascicolo per capire se il suicidio dell’anziano poteva essere evitato. Ieri sera il sostituto procuratore Patrizia Petruzziello ha effettuato un sopralluogo in carcere accompagnata dal medico legale Francesco Ventura e dalla polizia scientifica.

Con una chiave a T, un utensile di metallo, aveva colpito più volte la compagna alla testa, nel sonno. Un’esplosione di violenza avvenuta nella notte fra il 21 e il 22 giugno scorso. L’altro giorno, in carcere a Marassi, dove si trovava in seguito al provvedimento di fermo per tentato omicidio emesso nei suoi confronti, il settantenne di Sori si è tolto la vita. Sulla tragedia il sostituto procuratore Patrizia Petruzziello ha aperto un fascicolo per il reato di istigazione o aiuto al suicidio. Un passaggio tecnico, per poter eseguire l’autopsia, affidata al medico legale Francesco Ventura. Quello che vogliono verificare gli inquirenti, infatti, è se, oltre alle misure prese in carcere, poteva essere fatto qualcos’altro per evitare un epilogo del genere. L’ipotesi, insomma, è di una possibile omissione, non di un’istigazione attiva al suicidio. Incentrata, tra l’altro, sul fatto che l’uomo fosse in una cella monitorata da telecamera.

Secondo quanto ricostruito sinora da chi indaga, il settantenne si è tolto la vita intorno alle 15.30. In circa 10 minuti, il tempo in cui i suoi due compagni di cella erano usciti all’aria aperta. Dopo il lungo sopralluogo del magistrato, del medico legale e della scientifica, è stata esclusa in maniera quasi definitiva la pista di un’aggressione mascherata da gesto volontario. L’uomo, che era stato fermato dai carabinieri, si trovava a Marassi nella sezione di assistenza sanitaria intensiva, dopo cinque giorni di isolamento per scongiurare eventuali infezioni da Covid. Il 23 giugno lo psichiatra che lo aveva sottoposto a un colloquio avrebbe escluso intenti suicidi. Ma anche in considerazione della sua età e del reato commesso (a muovere l’uomo sarebbe stata la gelosia, per gli inquirenti) era stato escluso l’inserimento in una normale sezione. Ecco quindi il trasferimento nella cella video sorvegliata.

La Procura aveva chiesto di monitorarlo in funzione della perizia che, di lì a pochi giorni, avrebbe dovuto valutare la sua capacità di intendere e volere. Ma quella videocamera, le cui immagini dovrebbero essere osservate 24 ore su 24 dalla polizia penitenziaria, non è riuscita a scongiurare la tragedia. Perché, si chiedono gli investigatori. Secondo gli accertamenti dei carabinieri, alcuni mesi fa l’uomo era stato trasferito in pronto soccorso dopo aver ingerito una forte dose di farmaci. Un campanello d’allarme, per gli inquirenti. Ma non emerso nei colloqui a Marassi con lo psichiatra.

“Le carceri della Liguria non possono più reggere il peso dell’indifferenza dell’amministrazione penitenziaria - dice Michele Lorenzo, segretario per la Liguria del Sindacato autonomo polizia penitenziaria - è indispensabile incontrarci e capire cosa non funziona. Crediamo sarebbe stato opportuno che quest’uomo, forse, venisse assegnato a una Rems, non accompagnato in un carcere”.

Si tratta delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (che hanno soppiantato gli ex ospedali psichiatrici giudiziari). In realtà, per accedervi una persona deve essere già stata dichiarata inferma o seminferma e pericolosa, attraverso una perizia. E deve essere stata emessa nei suoi confronti una misura di sicurezza provvisoria. Nessun giudice aveva però disposto nulla di tutto ciò per il settantenne. Venerdì Il Secolo XIX ha cercato di contattare i vertici del carcere, ma senza ottenere risposta. Nel frattempo sono migliorate le condizioni della compagna dell’uomo.