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di Ilaria Dioguardi

vita.it, 29 dicembre 2023

Ha aperto a Genova un locale di riparazione biciclette ispirato ai principi di sostenibilità sociale, economica e ambientale, proseguimento naturale del lavoro di formazione svolto dai detenuti all’interno del carcere di Marassi. Si chiama “Nuovi Cicli” ed è un nuovo progetto con radici a Genova e Milano. È la fase due della missione di Nuovi Cicli onlus, che dal 2017 persegue finalità benefiche di pubblica utilità e collabora a stretto contatto con specialisti del settore.

L’associazione ha iniziato la propria attività presso il carcere di Bollate a Milano, ma attualmente svolge le attività di formazione presso il carcere Marassi di Genova in partnership con Il Biscione società cooperativa e i vertici dell’amministrazione penitenziaria. I cicli meccanici della nuova officina, nel cuore di Genova, saranno assunti per un massimo di 12 mesi, integrando e completando sul campo la formazione ricevuta in carcere, preparandosi così a una piena e stabile collocazione lavorativa.

Dietro alla riparazione delle biciclette, un lavoro che richiede molta concentrazione e manualità fine, c’è anche una vera e propria metafora di vita: come per la bici, anche nella quotidianità c’è un’alternanza di salite e discese, di fatica e di soluzioni, da affrontare con resilienza e costanza. “La ragione di creare questo “ponte” tra il carcere e il fuori viene dal bisogno di dare una seconda possibilità alle persone detenute”, spiega Luca Bianchi, presidente e fondatore di Nuovi Cicli.

Come nasce il progetto Nuovi Cicli?

Nel 2017, un po’ per caso, da una mia sensibilità, dopo aver letto un libro molto toccante sul mondo delle carceri: Io non avevo l’avvocato. Una storia italiana. Racconta l’esperienza di Mario Rossetti che, dopo essere stato accusato e imprigionato ingiustamente, fu assolto con assoluzione piena perché il fatto non sussisteva, per un crimine economico. Mi ha colpito perché ha toccato alcune mie corde caratteriali “anarchiche”. Il fatto di dover stare in uno spazio ristretto, senza la libertà, mi ha sempre colpito. Mi sono detto che dovevo fare qualcosa. Nel frattempo, chiacchierando con Maria Milano, all’epoca direttrice del carcere di Marassi a Genova, ciclista come me, le proposi la mia idea di fare dei corsi di riparazione biciclette per detenuti. Da lì, è nata la costruzione di un laboratorio all’interno del carcere di Marassi, in un locale a disposizione, nell’intercinta: giuridicamente fuori dal carcere, fisicamente dentro la prima cinta, quindi non aperto al pubblico. Iniziammo a tenere dei corsi, io facevo da tutor e una persona che aveva appena venduto la sua ciclofficina faceva da formatore tecnico.

Il curriculum di formazione è molto rigoroso, credo nella professionalità a qualunque livello: per fare del bene bisogna fare cose il più possibile seriamente. Ho studiato questo curriculum che porta a un totale di circa 100 ore di formazione socio-relazionale. I ragazzi detenuti sono disabituati a interloquire in maniera corretta con gli altri, quindi anche con i clienti. Presto mi resi conto di aver bisogno di un appoggio professionale, il mio entusiasmo non era sufficiente. È nata allora una relazione con la cooperativa sociale Il Biscione che lavora nel carcere di Marassi da moltissimi anni. La cooperativa ha dato un contributo enorme alla realizzazione di questi corsi. Inoltre, anche nel carcere di Bollate facemmo un mese di formazione ad alcuni detenuti, abbiamo insegnato loro a montare e smontare le biciclette del bike sharing di Milano e poi quattro su cinque sono stati assunti a tempo indeterminato: un’ottima media. Quindi, nel 2017 iniziammo in parallelo i corsi di formazione nel carcere di Bollate a Milano e in quello di Marassi a Genova.

In cosa consiste la formazione?

Abbiamo finora svolto 18 corsi, che variano da 50 a 100 ore, per un totale di 90 persone formate. I corsi a causa del Covid si sono interrotti, poi sono ripartiti per una richiesta esplicita da parte dei carcerati. La cooperativa Il Biscione ci dice che i ragazzi escono trasformati dai nostri corsi, arricchiti da un’esperienza di lavoro, con una formazione molto professionalizzante. La meccanica della bicicletta può sembrare banale, ma è fine, delicata. Le tolleranze sono minime, le misure sono piccole, i movimenti devono essere molto controllati. Lavorare nella ciclofficina aiuta a ritrovare un equilibrio, il lavoro manuale su una bicicletta fatto da un carcerato lo aiuta a recuperare una forma di controllo, sia nel movimento sia comportamentale. Il laboratorio che abbiamo fatto a Marassi ha delle postazioni di lavoro contrapposte, per cui i ragazzi lavorano su due biciclette, una di fronte all’altra, a distanza di un metro e anche questo aiuta nel supporto reciproco. Tutto è stato pensato per aiutare a ritrovare una forma di equilibrio. Questi corsi sono una parte strutturale del programma di rieducazione del carcere di Marassi.

L’idea della ciclofficina come le è venuta?

C’è ancora una forma di diffidenza nei confronti dei carcerati ed ex carcerati, il reinserimento lavorativo a Genova è stato deludente. Mi sono detto: se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. Mi è venuto in mente di costruire una ciclofficina e di tenerla in piedi con criteri assolutamente aziendalistici, ovvero deve avere un contributo economico che tiene, deve fornire un servizio di primo ordine, deve essere gestita professionalmente sotto tutti i profili. Ho sfruttato le mie conoscenze con la cooperativa Il Biscione, che è diventata parte di questo nuovo progetto, con un accordo di partenariato. La ciclofficina è gestita da Massimo Montagna, manager professionista, super appassionato di meccanica e di biciclette. È così felice di questa nuova avventura lavorativa che continua a dire: “Questo è il sogno della mia vita che diventa realtà”. Poi abbiamo trovato grandissimo aiuto in amici e sostenitori.

Chi lavorerà nella ciclofficina Nuovi Cicli?

Nella ciclofficina lavoreranno esclusivamente detenuti che beneficiano delle pene alternative alla detenzione, o ex detenuti che sono stati formati nel carcere di Marassi. Quando una persona esce di galera, spesso il “compagno di merenda” lo va a cercare. Bisogna essere solidi, avere obiettivi molto chiari, avere un’alternativa: vogliamo dare quest’alternativa grazie alla formazione. Il tempo limitato della formazione permette una rotazione, inizialmente il nostro obiettivo è avere due ragazzi che lavorano insieme a Massimo Montagna. L’assunzione di massimo 12 mesi è in funzione di quanto riescono velocemente a “camminare sulle loro gambe”. Oggi partiamo e facciamo esclusivamente manutenzione e riparazione delle biciclette, su base sostenibile il più possibile. Il payoff della nostra onlus Nuovi Cicli è Liberi di cambiare: ci sono stati cicli di un certo tipo nella vita di una persona, ce ne possono essere di nuovi e di migliori.

Può spiegarci come vi ispirate ai principi di sostenibilità ambientale?

Abbiamo stretto un accordo con l’azienda Vittoria che produce pneumatici, ha sviluppato un programma che si chiama Vittoria Re-Cycling: è una raccolta gratuita e recupero dei copertoni, che riciclano in maniera documentata e ne fanno, ad esempio, i pavimenti morbidi per i parchi giochi dei bambini o le piste di atletica. Abbiamo una macchina lava pezzi, che ha bisogno di una pulizia profonda, che lavora a ciclo chiuso, con ricircolo non di acqua ma di un liquido particolare con batteri ed enzimi che si nutrono di idrocarburi, per cui mangiano l’olio e la sporcizia. Questo liquido viene rigenerato dopo alcuni mesi in maniera assolutamente eco-friendly, per cui il lavaggio, che normalmente porta a sversare prodotti pericolosi per l’ambiente, noi riusciamo a farlo con sversamento pari a zero. Per quanto riguarda l’illuminazione, abbiamo rifatto tutto mettendo il 100% led. Penso che questi sono piccoli elementi che, nell’insieme, fanno la differenza nel tema della sostenibilità. Amo la natura, sono un marinaio, vado in bicicletta in montagna, do un valore enorme alla tutela dell’ambiente.

Per Nuovi Cicli avete in mente altri progetti futuri?

Oggi ci occupiamo di manutenzione e riparazione, ma stiamo già lavorando a un database per provvedere a fornire consulenza per chi desidera comprare online. Abbiamo avuto una calorosa accoglienza dal Comune di Genova, il giorno dell’inaugurazione sono venuti gli assessori Lorenza Rosso e Matteo Campora. Genova sta spingendo molto per lo sviluppo della mobilità dolce, ma è una città non abituata all’uso delle due ruote: la morfologia della città, tutta salite e discese, scoraggia un po’, ma con la bici elettrica il problema si supera. Si tratta di modificare la cultura, chi guida macchine e scooter deve imparare a essere più rispettoso. Una bicicletta che gira per strada è una macchina in meno, questo dovrebbe essere una convinzione per tutti.

Per quanto riguarda la formazione in carcere, avete altre idee?

La ragione di creare questo “ponte” tra il carcere e il fuori viene dal bisogno di dare una seconda possibilità alle persone detenute. Il carcere è un ambiente complicato, l’amministrazione penitenziaria e la polizia lavorano a volte in difficoltà, per problemi di sistema, a causa della carenza di personale, delle difficoltà di coordinazione che poi si riflettono su chi vuole dare un servizio di volontariato, di assistenza. La formazione principale prosegue a Genova, spero che riprenda a breve anche al carcere di Bollate a Milano. Sto riflettendo da un po’ sulla possibilità di avviare dei corsi analoghi anche nel carcere femminile. Mi piacerebbe molto.