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di Erica Manna

La Repubblica, 28 giugno 2024

Nel giorno della Maratona Oratoria “Non c’è più tempo” davanti al Palazzo di Giustizia di Genova, un egiziano di 47 anni si è impiccato con la cintura nella sua cella di Marassi. Il numero è sbagliato. Perché il tabellone rosso che tiene accesi i riflettori su quanti si sono tolti la vita in carcere dall’inizio dell’anno, sistemato nel cortile del palazzo di Giustizia, non riesce a tenere il conto di una emorragia che non si arresta. E così, stamattina, 46 è diventato 47. Un’altra persona che si è uccisa dietro le sbarre. “Non c’è più tempo”, è il titolo dell’appello della maratona oratoria andata in scena in tutta Italia, a Genova davanti al Palazzo di Giustizia, organizzata dalla Camera Penale Ligure. E infatti, alle 7 della mattina, un uomo egiziano di 47 anni ancora da compiere si è impiccato con la cintura nella sua cella dentro al carcere di Marassi. Per lui, era già tardi. Un caso avvenuto a poche ore da un’altra morte, sempre in cella, sempre a Marassi: un detenuto che ha inalato volontariamente gas dal fornello da campeggio.

“Siamo disperati, la maratona vuole porre l’accento proprio sui suicidi in carcere e lo striscione alle nostre spalle nel giro di poche ore è cambiato perché un detenuto si è tolto la vita nella nostra città - riflette Doriano Saracino, garante regionale dei Diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, alla maratona indetta dagli avvocati penalisti - in carcere si vive male e quindi si muore facilmente. Oggi siamo qui a parlare di suicidi, ma se consideriamo chi muore in carcere per altre cause, naturali o da accertare, che non vengono comunicate, si supera il numero di cento”. Saracino fa appello alla Regione, perché uno dei problemi per l’assegnazione di misure alternative che permettano di svuotare carceri perennemente sovraffollate riguarda l’emergenza casa: “Bisogna modificare la legge sull’edilizia residenziale pubblica che di fatto penalizza chi ha scontato una pena, perché non consente un reinserimento sociale. Chi ha una condanna anche di un anno per un reato punito fino a cinque anni, infatti, perde il diritto alla casa”. E poi, c’è la questione spinosa della salute dietro le sbarre, come raccontato su queste pagine partendo dalla storia di Laura Sasso, che chiede trasparenza sulla morte per polmonite della sorella Danila, detenuta a Pontedecimo. “Bisogna potenziare le cure mediche così come le opportunità di lavoro e di reinserimento”, è l’appello di Doriano Saracino.

“La questione della vita in carcere non è un fatto marginale, da derubricare dall’agenda politica - interviene anche il consigliere regionale di Linea Condivisa Gianni Pastorino, vicepresidente della II Commissione Salute - bisogna intervenire con provvedimenti forti ed immediati: per detenuti e detenute, e anche operatori sanitari e penitenziari che lavorano in condizioni di grande difficoltà”. Uno dei temi meno affrontati è quello del diritto alla cura: “Una cura personalizzata, accurata - rimarca il garante - quello che riscontriamo, a volte, è una scarsa comunicazione tra direzione sanitaria e direzione del carcere, per comprensibili motivi di privacy. Legittimo, in punta di diritto: ma problematico nella gestione”. Poi, c’è l’aspetto dei farmaci. “Alcuni farmaci in carcere non sono ammessi, ed è comprensibile - spiega Saracino - cu sono però persone detenute che possono avere delle difficoltà. Per motivi di sicurezza, per lo più i farmaci vengono somministrati tutti insieme. Ma ho in mente, per esempio, una persona che ha subìto un intervento all’apparato gastrico e per lei è complicato, dovrebbe frazionarli. La tutela della salute, dentro, è complessa. Ma deve essere il più possibile individualizzata”.

La maratona a staffetta, partita il 29 maggio, si concluderà a Roma l’11 luglio con una manifestazione nazionale: “Per sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica sul tema dei suicidi in carcere e in generale delle condizioni di detenzione”, spiega Fabiana Cilio, presidente della Camera Penale Regionale Ligure Ernesto Monteverde. Gli avvocati fanno appello al ministro della Giustizia Carlo Nordio per chiedere “interventi urgenti, a cominciare dalla liberazione anticipata speciale da 60 giorni anziché 45. Non risolverà la situazione, ma sarebbe un passo in avanti. Chiediamo anche che le misure alternative alla detenzione vengano applicate i in maniera molto più massiccia di quanto accade oggi: abbassano il tasso di recidiva”.

Gianni Pastorino (Linea Condivisa): “Ennesimo suicidio in carcere, non è un fatto marginale da derubricare dall’agenda politica”

Questa mattina inizia con l’ennesimo suicidio nel carcere di Marassi. Un uomo di nazionalità egiziana si è impiccato alle prime luci dell’alba. Inutili sono stati i tentativi di rianimazione. “Appare ancora più evidente oggi, quanto sia necessaria la manifestazione che si svolgerà nelle prossime ore avanti al Palazzo di Giustizia, promossa dall’Unione delle Camere Penali Italiane, proprio contro gli innumerevoli suicidi che avvengono nelle carceri di tutto il paese” dichiara il Capogruppo di Linea Condivisa in Regione Liguria Gianni Pastorino.

Le condizioni di vita all’interno di queste strutture sono pesantissime, i detenuti e le detenute non hanno nessun tipo di supporto psicologico e non esistono piani di recupero e percorsi formativi. Dall’inizio del 2024, in sei mesi, si sono tolte la vita più di 44 persone, quasi una ogni tre giorni (dati Associazione Antigone). È più che evidente che si tratti di un’emergenza nazionale che deve essere presa in considerazione dal Governo ora.

“Risulta più che mai necessario intervenire con provvedimenti forti ed immediati. Gli operatori sanitari e penitenziari lavorano in condizioni di grande difficoltà, pur intervenendo rapidamente, come accaduto questa mattina nel carcere di Marassi, ma ovviamente questo non basta.

La questione della vita in carcere non è un fatto marginale, da derubricare dall’agenda politica” continua Gianni Pastorino, Vice Presidente della II Commissione Salute. Ricordiamo che le carceri italiane sono tra le peggiori della Comunità Europea, e alle condizioni in cui versano si uniscono i tempi biblici della nostra giustizia.

Il carcere sembra un mondo dimenticato, dal punto di vista delle condizioni di vita, dal punto di vista dei progetti di recupero, dal punto di vista dell’architettura penitenziaria, dove le strutture sono speso inadeguate e rimaste a 100 anni fa.

“Credo sia giusto intervenire nei confronti di chi ha violato la legge, ma deve essere altrettanto giusto assicurare ai detenuti e alle detenute condizioni di vita adeguate, sicure e certe, come certe e scure devono essere le condizioni di chi lavora in queste strutture” conclude il Consigliere Pastorino.