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di Francesca Mambro*

L’Unità, 20 febbraio 2024

Ad altri, più competenti di me, una precisa biografia politica e intellettuale di Gianni Borgna. Ma io l’ho conosciuto, abbastanza bene, e di questo mi sento di parlare, con un tanto di nostalgia per epoche più “dialogiche”. Il mio ricordo che potrà apparire alieno, è per una persona straordinaria che ho conosciuto inizialmente in carcere e poi molti anni dopo quando sono uscita perché presentò due libri. Il primo, “Nel cerchio della prigione”, scritto a quattro mani con Laura Braghetti, ex appartenente alla colonna romana delle Brigate rosse. L’altro, “Il bacio sul muro”, sulle storie delle donne detenute conosciute in carcere e che presentammo insieme a Clara Sereni e Furio Colombo nel 2000. Lo sguardo mite, dietro i suoi occhialini, l’aspetto innocuo e la voce dal suono quasi canzonatorio, avrebbero potuto ingannare. Gianni Borgna, lo studente di filosofia che aveva abbracciato il movimento del ‘68, il capogruppo del Partito Comunista alla Regione Lazio, assessore alla Cultura delle giunte di sinistra a Roma consecutivamente dal ‘93 al 2006, un militante come si diceva ai nostri tempi, era un vero duro. Ma non nel senso che si intendeva negli anni 70, dei gruppi estremisti e dell’antifascismo militante.

Lui era esattamente l’opposto, non ti imponeva il suo pensiero, la sua formazione marxista, ma ti metteva comunque all’angolo con il suo desiderio di conoscere, di capire e per questo cercare sempre il dialogo. In un modo gentile, di persona di altri tempi che ama cercare vocaboli e allegorie delicate che nulla hanno a che fare con gli slogan ideologizzati. Un dialogo voluto con chi veniva da altre storie rispetto alla sua. L’incontro e il confronto, due binari che procedono paralleli perché la conoscenza, la cultura, non possono fare a meno dell’alterità. Un’avanguardista del genere umano che mai come in questi ultimi vent’anni della politica manca a tutti noi.

Da qualunque parte si arrivi, ad aspettarti non c’è più nessuno come lui. Lo abbiamo visto entrare in carcere con il sorriso di chi ritrova un amico che credeva perduto e non vedeva da tanto tempo. Con mio marito Valerio Fioravanti, lui al braccio maschile ed io al femminile, insieme ad Anna Laura Braghetti, partecipammo alle attività culturali proposte dall’associazione Ora d’aria dell’Arci che offrivano l’occasione di raccontare la vita dentro la prigione e aprire un dialogo con la realtà esterna. Da parte nostra eravamo anche curiosi di conoscere ragazze di buona volontà e buone famiglie che passavano parte del loro tempo ad occuparsi di loro coetanei meno fortunati, invece di divertirsi nel tempo libero. Quindi il carcere un luogo non separato e meno lontano di quanto si potesse supporre.

Le volontarie di allora, in particolare Giovanna Giorgini, Stefania Sebasti e Giovanna Pugliese, accompagnavano Borgna e lo ascoltavano attente, e rispondevano alle sue osservazioni contente perché lui convintamente aveva fatto suo, quale assessore alla Cultura del comune di Roma, il progetto artistico in carcere. Chiese al suo amico Pablo Echaurren, artista generoso, di prenderne la direzione, e Pablo non solo non si tirò indietro ma diede vita sia con i detenuti del maschile che del femminile di Rebibbia ad un lungo lavoro culturale artistico, raccontando attraverso libri, articoli e la mostra “Il Gattabuismo” che fu inaugurata nell’estate del 1996 al Palazzo delle Esposizioni a Roma. Gianni Borgna considerò quella mostra un traguardo non solo dell’attività culturale del suo assessorato ma di tutta la città che ai suoi occhi-con-occhialini comprendeva tutti, anche i cittadini detenuti, i ragazzi e le ragazze di Rebibbia con le loro espressioni di vita e di un’esistenza che poteva essere migliore.

Un percorso di liberazione mentale in attesa di quella fisica. Sia detto per inciso, noi di quell’epoca abbiamo conservato molto: Pablo ha tenuto a battesimo nostra figlia, e Anna Laura, per nostra figlia, è “zia Laura”. Quando, nel tornare a casa e la giornata è stata buona, allungo il tragitto e passo per Testaccio, e mi fermo al cimitero acattolico, Appena entri i giardini curati intorno alle tombe invitano ad osservare e leggere i nomi di chi vi riposa.

Innalzate sulle tombe le statue di angeli con le ali dispiegate a proteggere chi gli è stato affidato e sembra come se volessero abbracciare anche te, ospite atteso, seppur di passaggio. Lì ci sono alcune persone che mi soffermo a salutare. Borgna è uno di loro. Ha una piccola lapide a terra con dei fiori freschi intorno. Sopra il suo nome c’è un gatto stilizzato e una scritta che racchiude la sua vita gentile di uomo perbene: “Combattete per i vostri diritti ma fatelo con grazia”. Un testamento per chi legge, per me una verità toccata di persona con il privilegio di averlo conosciuto.

*Associazione Nessuno tocchi Caino