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di Daniele Zaccaria

Il Dubbio, 12 dicembre 2023

La lezione del padre di Giulia, che invece di invocare vendetta cerca le cause dei femminicidi. Tra i tanti meriti che dovremmo riconoscere a Gino Cecchettin c’è l’aver ribaltato completamente la narrazione mediatica sui parenti delle vittime di morte violenta che, nel circo dell’informazione italiana si tramuta spesso in un truculento horror. Le telecamere, i microfoni, i taccuini hanno provato a rimestare nel torbido, cercando gli osceni dettagli dello strazio di un genitore che ha perduto la figlia ventenne, e probabilmente si aspettavano una reazione scomposta, un moto violento, se non di odio di aperta ostilità nei confronti dell’assassino della figlia Giulia.

Siamo abituati così, da troppo tempo; ogni volta che un fatto di cronaca nera diventa un caso nazionale ci costruiamo attorno un show morboso e giustizialista. Gino Cecchettin nelle sue toccanti apparizioni in tv ci ha invece spiegato che la rabbia e l’umanissimo sentimento di vendetta non sono un coefficiente universale per misurare il grado di dolore e di sofferenza delle persone, lasciando a bocca asciutta chi sperava di cavalcare l’ennesima tragedia e dar via libera ai bassi istinti.

Non si è lasciato sopraffare dalla disperazione e dall’angoscia a cui avrebbe diritto ma si è affidato alla ragione per comprendere le cause che hanno portato sua figlia a morire accoltellata per mano di un ragazzo che non accettava di essere lasciato. Come tante altre donne, in Italia e nel resto del pianeta.

“Mi sono astratto dal dolore per capire dove avessi sbagliato e per cercare di dare un aiuto a chi ancora ha la possibilità di salvarsi, Il problema è la donna vista come proprietà. Parliamo ancora della “mia donna” che sembra un’espressione innocua, ma non è così”, ha detto domenica, ospite della trasmissione Che tempo che fa.

Un intervento toccante che mostra la presa di coscienza di un uomo nel momento più cupo della sua vita, un uomo che è stato capace di mettere da parte l’odio e di ragionare sulla violenza subita dalle donne nella nostra società e sui suoi fondamenti culturali. Non è importante disquisire e stabilire se si tratti di “patriarcato” o di “semplice” maschilismo, non è una disputa nominalista, conta illuminare i meccanismi del possesso, che si annidano nella vita di tutti i giorni, nella normalità dei rapporti di coppia e nell’incapacità per molti uomini di accettare un rifiuto. Anche che proviene da famiglie insospettabili e “moderne”, come quella di Filippo Turetta.

Giulio Cecchettin era l’ultima persona al mondo da cui si poteva pretendere uno sguardo così lucido e illuminato sulla piaga dei femminicidi. Che sia stato proprio lui a rovesciare la retorica della vendetta e a spegnere il nutrito coro delle tricoteuses nostrane è una bellissima lezione per tutti. Anche e soprattutto per quelle migliaia di hater che da giorni lo insultano sui social network e che non meritano nessun commento.