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di Lirio Abbate

La Repubblica, 21 marzo 2023

Un segnale diretto ad una popolazione alla quale 29 anni fa è stato ucciso il parroco della loro comunità, impegnato con la chiesa e la sua fede a togliere i ragazzi dalla strada e allontanarli dalla criminalità organizzata.

Nel cuore della terra dei fuochi, in quella che è stata la roccaforte della camorra che ha ucciso a Casal di Principe, don Peppe Diana, arriva il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mai prima di adesso un Capo dello Stato si era spinto fin dentro la provincia di Caserta. È un viaggio carico di grande significato quello che compie oggi Mattarella, perché non è solo un fatto fisico, di presenza istituzionale, ma è soprattutto di sostanza. Un segnale diretto ad una popolazione alla quale ventinove anni fa è stato ucciso il parroco della loro comunità, don Diana, impegnato con la chiesa e la sua fede a togliere i ragazzi dalla strada e allontanarli dalla criminalità organizzata. I sicari del clan dei casalesi lo hanno ucciso nella sacrestia il 19 marzo 1994.

Oggi, nella giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il Capo dello Stato rende omaggio alla memoria di questo sacerdote e lo farà incontrando i fratelli di don Diana, Emilio e Marisa, e la nipote, Iole, che è tra i fondatori del gruppo scout Casal di Principe I, creato qualche mese fa sulle orme di don Peppe, anche lui scout, e che ha appena celebrato la promessa dei capi. “Pur essendo nata nel 1995, zio Peppe ha segnato profondamente con il suo coraggio la vita mia, della mia famiglia e di Casal di Principe, e credo e spero anche un po’ dell’intera Italia, visto il riconoscimento più alto al sacrificio da lui sopportato con l’arrivo del presidente Mattarella”, dice Iole. Con loro è prevista pure la presenza di Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto. La visita del presidente proseguirà con gli studenti di due scuole e accanto a loro i parenti di cinque vittime innocenti della camorra: Domenico Noviello, Federico Del Prete e Salvatore Nuvoletta, e quelli di Antonio Petito e Antonio Di Bona.

In nome di tutte le vittime di mafia - Nel primo giorno di primavera i luoghi martoriati dalla camorra al Sud si collegano con il Nord, a Milano, dove migliaia di persone sfilano per le strade della città, raccolte dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti che da ventotto anni fa vivere questa giornata attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie. Persone che hanno subito una grande lacerazione “che noi tutti possiamo contribuire a ricucire” come sostiene Libera, “costruendo insieme una memoria comune a partire dalle storie di quelle vittime”.

E in piazza a Milano saranno letti i nomi delle persone barbaramente assassinate dalle mafie. Un lunghissimo elenco. Verranno scanditi con cura, perché è un modo, come ha più volte ripetuto don Ciotti “per far rivivere quegli uomini e quelle donne, bambini e bambine, per non far morire le idee testimoniate, l’esempio di chi ha combattuto le mafie a viso aperto e non ha ceduto alle minacce e ai ricatti che gli imponevano di derogare dal proprio dovere professionale e civile, ma anche le vite di chi, suo malgrado, si è ritrovato nella traiettoria di una pallottola o vittima di potenti esplosivi diretti ad altri. Storie pulsanti di vita, di passioni, di sacrifici, di amore per il bene comune e di affermazione di diritti e di libertà negate”.

Punto di arrivo e ripartenza - Una giornata che per la rete di Libera costituisce un punto di arrivo e di ripartenza, in cui dare spazio anche alla denuncia della presenza delle organizzazioni criminali e delle connivenze con politica, economia e massoneria deviate. E questa azione è volta pure a cercare dove si annidino mafie e corruzione, anche quando si celano dietro volti apparentemente innocui. “Siamo a Milano per sottolineare quanto mafie e corruzione possano costituire due facce della stessa medaglia, fenomeni criminali volti a depauperare i territori ed arricchire cricche di potere”, scrive Libera.

 “In questa fase storica assistiamo a un processo di inabissamento delle mafie, che rispetto al secolo scorso hanno scelto una strategia silenziosa, perché ritenuta più proficua”, sostiene l’associazione di don Ciotti. E questo modo di fare ha portato all’inabissamento, al silenzio, a rafforzare l’area grigia: fattori che inducono a percepire i fenomeni criminali come ineludibili, come parte del contesto. E il rischio è l’abbassamento del livello dell’etica pubblica, lo sgretolamento dell’argine che ci consente di difendere il bene comune contro ogni sopruso.

Quest’anno ricorrono i trent’anni dalle stragi volute da Cosa nostra a Roma, Firenze e Milano. Qui, in via Palestro, nella notte tra il 27 e 28 luglio 1993 una bomba provocò la morte di un vigile urbano, Alessandro Ferrari, di tre vigili del fuoco, Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, e un migrante, Moussafir Driss. Su questa stagione stragista non si è ancora affermata una verità storica. Anche per questo la giornata di oggi si svolge a Milano, “per ribadire la vicinanza ai familiari delle vittime innocenti in cerca di giustizia”.