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di Maria Giovanna Faiella

Corriere della Sera, 6 aprile 2024

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità 4,5 miliardi di persone non ricevono servizi sanitari essenziali. Il diritto alla salute è minacciato in tutto il mondo. Anche in Italia: dalle lunghe attese nel Pubblico, al mancato accesso alle nuove prestazioni Lea (Livelli essenziali di assistenza). In tutto il mondo il diritto alla salute di milioni di persone è sempre più minacciato. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), almeno 140 Stati riconoscono la salute come un diritto umano nella loro Costituzione, tuttavia molti non stanno mettendo in pratica le leggi per garantire a tutti il diritto ad accedere ai servizi sanitari di cui hanno bisogno e quando ne hanno bisogno. E almeno 4,5 miliardi di persone - più della metà della popolazione mondiale - non hanno ricevuto servizi sanitari essenziali nel 2021. Da qui il tema scelto quest’anno dall’Oms, in occasione della Giornata mondiale della salute, che ricorre il 7 aprile, “La mia salute, un mio diritto”, per richiamare l’attenzione sulla necessità, in tutto il mondo, di difendere il diritto di tutti ad avere accesso a servizi sanitari di qualità, nonché a quelle condizioni di vita che contribuiscono ad avere una buona salute - intesa dall’Oms come stato di benessere fisico, psichico, sociale e non solo assenza di malattia - ovvero accesso ad acqua potabile sicura, aria pulita, a una buona nutrizione, a condizioni di lavoro e ambientali dignitose.

Conoscere i propri diritti è il primo passo per farli rispettare, ribadisce l’Oms in occasione della giornata mondiale. Ogni persona ha il diritto ad accedere all’assistenza sanitaria necessaria quando e dove ne ha bisogno senza dover affrontare difficoltà finanziarie, come pure a cure sicure e di qualità senza discriminazioni, alla privacy, ad avere informazioni sul trattamento proposto e poter esprimere il consenso informato.

In Italia è un diritto “fondamentale” - L’Italia è uno dei Paesi in cui il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione, all’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

L’espressione “diritto alla salute” racchiude una pluralità di diritti come quello all’integrità fisica e psichica, a vivere in un ambiente salubre, a ottenere le prestazioni sanitarie necessarie quando se ne ha bisogno (e non attendere mesi), a ricevere cure sicure cioè a non subire danni da errori medici o dall’inadeguato funzionamento di servizi sanitari, nonché il diritto a non ricevere prestazioni se non quelle previste obbligatoriamente per legge a tutela dell’individuo e della collettività in situazioni eccezionali (per esempio: vaccinazioni in caso di epidemia).

Nel solco tracciato dalla Costituzione, diverse leggi hanno definito meglio le modalità di attuazione del diritto alla salute, prima fra tutte la Legge n. 833 del 1978 che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn), un articolato sistema di strutture e servizi che devono garantire a tutti, in condizioni di uguaglianza, l’accesso a prestazioni sanitarie finalizzate non solo ai trattamenti terapeutici ma anche alla prevenzione e alla riabilitazione.

Livelli essenziali di assistenza (Lea), cosa spetta - La tutela della salute è materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, in base all’art. 117 della Costituzione e alla successiva riforma costituzionale del 2001. Spetta allo Stato individuare i Lea, Livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti a tutti sull’intero territorio nazionale. Sono stati aggiornati nel 2017 ma alcune nuove prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica non sono ancora esigibili dappertutto a causa del rinvio dell’entrata in vigore dei rispettivi tariffari al primo gennaio 2025 ndr); è invece di competenza delle Regioni l’organizzazione e l’erogazione dell’assistenza sanitaria nei rispettivi ambiti territoriali. Le prestazioni e i servizi compresi nei Lea rappresentano il livello “essenziale” che le Regioni devono garantire a tutti i cittadini. Includono:

- le attività di prevenzione individuale e collettiva (sicurezza alimentare, tutela della salute negli ambienti aperti e confinati e nei luoghi di lavoro, sanità veterinaria, profilassi delle malattie infettive, vaccinazioni e programmi di diagnosi precoce, medicina legale);

- l’assistenza distrettuale cioè i servizi sanitari e sociosanitari diffusi sul territorio (medicina di base, assistenza farmaceutica, specialistica e diagnostica ambulatoriale, servizi domiciliari, fornitura di protesi e ausili, servizi per la salute mentale, consultori familiari, servizi di riabilitazione, strutture semiresidenziali e residenziali per anziani e persone con disabilità ecc.);

- l’assistenza ospedaliera (Pronto soccorso, ricoveri in ospedale, in strutture di riabilitazione, di lungodegenza post-acuzie);

- l’assistenza sociosanitaria per particolari categorie.

Ancora troppe barriere nell’accesso ai servizi pubblici - “Mentre celebriamo la giornata mondiale della salute, crescono le barriere di accesso ai servizi sanitari pubblici e l’intero sistema universalistico di tutela della salute nel nostro Paese sembra più che mai in bilico - commenta Francesca Moccia, vicesegretaria generale di Cittadinanzattiva -. Lo dimostrano le tante evidenze che abbiamo, i dati ufficiali sulle cure effettuate e soprattutto quelli sulle cure mancate dei tanti che ormai vi rinunciano. E lo sostiene anche un cittadino su tre che si è rivolto a Cittadinanzattiva nell’ultimo anno, proprio per segnalare attese troppo lunghe, costi insostenibili e nessuna garanzia, di fatto, di vedersi riconosciuti i Livelli essenziali di assistenza in ogni angolo del nostro Paese”.

Come superare le diseguaglianze tra cittadini? - “Gli studi di Marmot e di tanti esperti presenti anche nel nostro Paese - ragiona Moccia - hanno dimostrato che per superare le diseguaglianze di salute, le cui cause sono ascrivibili a tanti fattori (reddito, istruzione, lavoro, stili di vita, contesto, relazioni, accesso ai servizi di prevenzione e di cura), occorrono politiche pubbliche mirate, interventi multidimensionali e universalistici, che possano raggiungere in modo diffuso anche i più vulnerabili, spesso “invisibili”. In particolare, nelle aree maggiormente disagiate gli interventi dovrebbero rafforzare le cure primarie, i servizi territoriali e la medicina generale, per affrontare nei luoghi prossimi alla popolazione la complessità dei problemi in modo più efficace”.

Salute mentale di bambini e giovani in Europa - In occasione della giornata mondiale della salute, l’organizzazione SOS Villaggi dei Bambini - impegnata anche in Italia da oltre 60 anni nell’accoglienza e supporto di bambini e ragazzi privi di cure familiari o a rischio di perderle - lancia un appello perché siano messi in atto interventi a favore della salute mentale dei ragazzi in contesti vulnerabili (conflitti, situazioni di violenza, sfollamenti forzati, disastri ed emergenze sanitarie). In base a recenti dati dell’Unicef, solo nell’Unione Europea più di 11 milioni di bambini e giovani hanno problemi legati alla salute mentale con maggiori probabilità di essere esposti a ansia e depressione.

Secondo SOS Villaggi dei Bambini, dovrebbe essere la priorità di ogni società investire maggiormente e a lungo termine sui servizi di prevenzione e sostegno psicologico per i ragazzi che ne hanno bisogno.

In Africa sub-sahariana il 20% di tutti i malati del mondo - In Africa, denuncia Amref Health Africa, la più grande organizzazione sanitaria africana senza fini di lucro, circa 2 milioni di professionisti sanitari qualificati (medici, infermieri, ostetriche) si occupano di una popolazione di 1,2 miliardi di persone; solo nell’Africa sub-sahariana risiede il 20% di tutti i malati del mondo e si verifica il 50 per cento delle morti infantili a livello globale. “Quando qualcuno si ammala dovrebbe poter accedere ai servizi di cui ha bisogno indipendentemente da quanto guadagna, questo è il vero significato della copertura sanitaria universale - dice Githinji Gitahi, direttore globale di Amref Health Africa -. In molte delle aree in cui operiamo, le comunità vivono a più di 50 chilometri da una struttura sanitaria, molto spesso da raggiungere a piedi”. In alcune zone, inoltre, aggiunge la vicedirettrice di Amref Italia Roberta Rughetti, “la situazione sanitaria è aggravata da conflitti incessanti e cambiamenti climatici che mettono a dura prova sistemi sanitari già vulnerabili. Per questo, elemento essenziale del lavoro di Amref è la formazione di operatori sanitari di comunità, figure chiave nel portare assistenza nelle zone remote in cui vivono. Nel 2022 Amref ha formato oltre 48 mila operatori sanitari di comunità, anche grazie all’utilizzo di piattaforme online”.