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di Daniele Novara

Avvenire, 5 settembre 2024

Proprio ieri ho ricevuto in studio una famiglia con tre figli maschi adolescenti. “Senta dottore, non è che alla fine ci ucciderà tutti?” è la domanda che mi sono sentito rivolgere e che chiarisce bene il momento che stiamo vivendo. La strage di Paderno Dugnano sta creando grande apprensione nei genitori, che spesso vivono già una situazione di fragilità nella gestione del proprio ruolo. Se ciò che è successo a Paderno è un caso limite, per niente rara risulta la naturale tendenza dei ragazzi e delle ragazze a creare con i propri genitori una tensione, una conflittualità, che fa parte della loro vita e della loro crescita. La parola chiave per gli adolescenti è allontanamento, il desiderio di staccarsi dal nido materno, dal controllo, dalla vita che per tutta l’infanzia è dipesa dalle volontà e dai comandi dei loro genitori.

Con l’adolescenza si apre un nuovo mondo dove gli adulti non sono più al centro della scena, che viene invece occupata da amici e amiche, dal gruppo e da tutta una serie di interessi estremamente pervasivi. A fronte di genitori che cercano di restare in intimità coi loro figli, questi ribadiscono senza mezzi termini il bisogno di libertà e la necessità di abbandonare il controllo genitoriale per esplorare nuove possibilità.

Questo è sempre accaduto, ma perché ora sembra esserci un picco di violenza? In un mondo sempre più narcisista, incapace di tollerare frustrazioni e contrarietà, tanti genitori si sono fatti soggiogare, in totale buona fede, dai miti dell’armonia, del dialogo con gli adolescenti, dell’essere amici dei figli e del condividere tutto con loro. Niente di più lontano dalle loro necessità. Il maternage, la continua ricerca di accudimento e controllo, è un atteggiamento dannoso. specialmente in adolescenza.

Serve un cambiamento sostanziale, passando a un approccio basato sulla giusta distanza educativa. Costruire uno spazio che consenta di avere una buona organizzazione, differente da quella usata nei momenti di vita precedenti. Servono paletti chiari che permettano ai figli di agire le loro libertà senza che queste sfocino nel considerare i genitori come dei coetanei. Un’organizzazione educativa basata su paletti chiari rispetto agli orari, all’uso dei dispositivi digitali, agli impegni sportivi e quant’altro. Con limiti che lascino spazio di manovra e che evitino il ricorrere a continui richiami e rimproveri.

“Sto alla larga”. Questa è una frase che converrebbe scrivere nelle case dove vivono degli adolescenti. Attenzione, un atteggiamento che non scaturisce dalla paura, ma dal desiderio di consentire loro di crescere e di affrontare le sfide. I genitori dovrebbero impegnarsi per mettere in campo un progetto concreto, pratico, non un profluvio di parole e di spiegoni che non ottengono nulla se non alzare ulteriormente la tensione di una generazione che vuole giustamente superare l’infanzia. Una componente conflittuale è quindi connaturata all’adolescenza ed è anche positiva, ma sempre tenendo a mente la differenza fondamentale tra conflitto e violenza. Perché la capacità di gestione dei conflitti è il miglior antidoto all’uso della forza distruttiva. Nel conflitto si riconosce l’altro e con lui si instaura uno scambio di opinioni che, seppur divergenti, condividono lo stesso campo di gioco. Nel conflitto l’altro viene accettato, con le sue idee e con la possibilità che sia io a dover cambiare posizione.

L’eccesso di accudimento sta creando una generazione di ragazzi e ragazze scarsamente propensi a gestire le contrarietà, quelle situazioni in cui gli altri non sono d’accordo con te e le cose non vanno come volevi. Saper gestire la componente conflittuale nelle relazioni, comprese quelle con i genitori, è ciò che consente ai ragazzi di affrontare le sfide della vita. Un processo di apprendimento che riguarda le nuove generazioni, ma che anzitutto riguarda i genitori. Per coltivare le enormi risorse dei loro figli già grandi.