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di Flavia Amabile

La Stampa, 8 gennaio 2024

Alle nuove generazioni solo il 3 per cento delle risorse previste della legge di Bilancio 2024. Stanziamenti a 800 milioni su 24 miliardi. Al termine del messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgia Meloni si è affrettata a chiamare al telefono Sergio Mattarella per esprimergli “particolare gratitudine per la specifica attenzione prestata dal Capo dello Stato alle giovani generazioni, ai loro bisogni e alle loro aspettative”, come recita una nota di palazzo Chigi diffusa pochi minuti dopo la fine del discorso e della telefonata. Un’attenzione che sembra mancare invece nella legge di bilancio approvata due giorni prima in via definitiva dalla Camera.

Secondo le verifiche condotte da Pagella politica - il progetto editoriale specializzato in fact-checking e analisi politica - “solo il 3% delle risorse stanziate dalla legge di Bilancio per il 2024, è destinato a politiche per i giovani” e sono “14 le misure contenute nel testo rivolte direttamente o indirettamente ai giovani, per uno stanziamento di poco inferiore agli 800 milioni di euro nel 2024 su una spesa totale di circa 25 miliardi di euro. Nella scorsa legge di Bilancio, quella per il 2023, lo stanziamento era stato più alto, intorno al 5 % del totale”.

Non granché come attenzione, insomma. Le voci cancellate o tagliate sono numerose nonostante le proteste e gli appelli lanciate dalle associazioni e dalle reti legate al mondo giovanile. Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore: “Nell’agenda politica, nonostante quello che si dice su futuro giovani e famiglia, non esistono misure né sistemiche né strutturali e questo ci preoccupa molto. Abbiamo i i fondi agenda sud e quelli per contrastare la dispersione o per contrastare emergenze. Molto poco, invece, per la qualità della vita delle nuove generazioni. Noi abbiamo soprattutto sottolineato la necessità di adottare politiche più strategiche verso i giovani in materia di cittadinanza attiva e servizio civile”. Come spiega Laura Milani, presidente della Cnesc, la Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile: “Questa legge di stabilità non ci soddisfa: stanzia 143 milioni per il servizio civile che finanzia l’attività di poco più di 20mila giovani, circa la metà rispetto allo scorso anno quando lo stanziamento già era insufficiente. La situazione è preoccupante e ci sembra in contraddizione con il percorso di valorizzazione del servizio civile su cui il ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi ha lavorato con la consapevolezza che il servizio civile risponde a un’esigenza formativa per i giovani in termini personali ma anche di acquisizione di competenze da spendere nei progetti di vita ed è un antidoto alla violenza. Come Cnesc avevamo chiesto 430 milioni per garantire 60 mila posizioni in Italia e 1500 all’estero, cifre che ci sembrano ora molto lontane”.

Non sono stati dimezzati solo i fondi per il servizio civile, denuncia Walter Massa, presidente dell’Arci: “Questa legge di bilancio mi appare molto miope in particolare su giovani e cultura che sono strettamente collegati. Non solo ha ridotto molti fondi per i giovani ha anche posticipato in parte l’attuazione del Piano complementare del Pnrr rimandando quindi agli anni futuri la spesa di 100 milioni di euro prevista per il 2024 e riducendo il budget a 267,3 milioni di euro. Si fa una grande propaganda sul patrimonio culturale, in realtà questo governo è convinto che con la cultura non si mangia e non considera una priorità l’emancipazione e la libertà dei giovani”.

Per Alessia Conti, presidente del Cnsu, il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, questa legge di bilancio rappresenta “un passo indietro non solo in materia di istruzione ma anche su altri servizi essenziali per la nostra generazione. Abbiamo chiarito quanto sia importante il benessere psicologico attraverso diverse campagne e il governo invece non finanzia il fondo per i disturbi alimentari”. Luciano Schillaci, presidente della Federazione Comunità Terapeutiche, sottolinea che la responsabilità non è solo di questo governo: “C’è stato un periodo in cui si dava importanza alla prevenzione nell’ambito delle dipendenze. Esisteva un fondo antidroga della legge 45 del 99 poi è stato azzerato e si è smesso di fare prevenzione specifica sui giovani. Possiamo dire che da più di dieci anni l’Italia non investe in educazione e i risultati si vedono dal campo sanitario a quello scolastico. Aver cessato l’investimento strutturale ha determinato situazioni di abbandono sui territori che stanno portando a situazioni di disagio e di devianza a cui non siamo abituati salvo batterci il petto e creare decreti ad hoc come quello di Caivano”.

Del tutto insoddisfatti si dicono gli studenti. Duccio Sarmati, coordinatore dell’Unione degli Universitari di Roma ricorda la battaglia contro il caro affitti che ha portato “solo a uno spostamento di fondi che prima erano sull’edilizia generale degli atenei agli alloggi universitari. E l’aumento delle borse di studio è del tutto insufficiente. Ci sarebbe bisogno di fondi sei volte più consistenti”. E non solo. Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli Studenti Medi: “Non abbiamo avuto risposte ai problemi che abbiamo segnalato in materia di diritto all’istruzione per aiutare gli studenti nell’acquisto di materiale didattico e libri. E la sostituzione del 18App con due carte che prevedono risorse solo legate al merito e alle condizioni economiche rappresenta un passo indietro. Manca una visione politica da parte del governo su quello che i giovani devono rappresentare per il Paese e quale ruolo devono svolgere. Vengono rappresentati solo come problema per le violenze in classe o per i rave: non c’è altro nell’agenda politica del governo”.