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di Giuseppe Salvaggiulo

La Stampa, 8 ottobre 2023

“La giudice Apostolico non ha violato alcuna norma. Giudicare una sentenza dalla vita del magistrato e non dai suoi argomenti ci porta fuori dalla civiltà giuridica”, dice Giovanni Maria Flick, ex magistrato, ex ministro della giustizia, ex presidente della Corte Costituzionale e docente di diritto penale.

Lei avrebbe partecipato alla manifestazione di Catania, come la giudice Apostolico?

“Posso solo dire quello che ho fatto in passato, da magistrato e da giudice costituzionale: non ho mai partecipato a manifestazioni che potessero avere, o anche solo ingenerare, connotazione politica, qualunque fosse il significato”.

Per quale motivo?

“Perché ritenevo che il riserbo del magistrato e la necessità di apparire imparziale, oltre a esserlo, sconsigliassero di farsi trovare in situazioni connotate dal rischio di condividere, o anche solo assistere, alla manifestazione di posizioni o comportamenti che non condividevo”.

Non si è mai sentito limitato, come cittadino?

“Mai. Ho interpretato con particolare rigore lo spirito delle prescrizioni che l’articolo 98 della Costituzione dà al cittadino magistrato, consentendo limiti di iscrizione a partiti politici alla pari di militari, poliziotti e diplomatici”.

Dunque la giudice Apostolico ha sbagliato?

“Non ho titolo per esaminare posizioni altrui. Ma non mi sento di giudicarla in questi termini. Non mi pare abbia violato alcuna norma disciplinare. Quanto alla deontologia, peraltro raramente applicata, è rimessa alla sensibilità del singolo”.

Partecipare alla manifestazione non ne compromette l’immagine di imparzialità?

“Ma andiamo: come si può utilizzare la partecipazione di cinque anni prima a una manifestazione per un’accusa di parzialità ora? Come può un giurista motivare un’affermazione simile?”.

C’è differenza tra una manifestazione convocata da associazioni e una di partito? Non è politica, comunque?

“La differenza è enorme. Partecipare a una manifestazione civile può voler dire aderire a campagne per i diritti politici e le libertà di tutti, non di una parte. Infatti le norme disciplinari vietano l’iscrizione la partecipazione sistematica e continuativa all’attività dei partiti, nonché ogni altro comportamento che leda l’imparzialità anche sotto il profilo di apparenza”.

Appunto, l’apparenza. Si è molto evocata, in questi giorni, l’immagine della moglie di Cesare...

“Attenzione. Da ministro, mi ero battuto per rendere tassativi gli illeciti disciplinari dei magistrati, allora molto vaghi. Finalmente, nel 2006 ciò è stato fatto. Ora il catalogo è preciso. La legge vieta la pubblica manifestazione solo se connessa a un procedimento in corso”.

Che vuol dire?

“Non è la mera partecipazione a una manifestazione che ti rende sospetto di parzialità, ma la manifestazione di assenso o dissenso in un procedimento in corso”.

Rileva anche il fine della manifestazione?

“Certo. Quella di Catania chiedeva il rispetto di diritti civili fondamentali, coperti dalla Costituzione. Insensato ipotizzare che ciò si riverberi negativamente sull’imparzialità del magistrato. Anzi: difendere principi umanitari e costituzionali è un dovere civile per tutti”.

Secondo il presidente del Senato, la giudice avrebbe dovuto astenersi dal trattare ricorsi in materia di immigrazione.

“Cinque anni dopo? Davvero parliamo di un obbligo attuale di astensione per aver partecipato cinque anni prima a una manifestazione sui diritti civili? Non lo vedo proprio”.

Crede che ci saranno iniziative come ispezioni e azioni disciplinari?

“Mi sembrano ipotesi cariche di eccessiva enfasi. C’è una distanza insormontabile tra un comportamento che si ritiene sintomatico di non imparzialità - e ho i miei dubbi che lo sia, visto che era una manifestazione sui diritti civili - e un illecito disciplinare. O vogliamo avviare ispezioni anche su Emergency e gli scout, che promossero quella manifestazione?”.

Ricorda altri casi di partiti di governo che chiedono il licenziamento di un giudice per un provvedimento sgradito?

“Non è un partito, sono singole posizioni politiche. Dal punto di vista istituzionale, mi piacerebbe che critiche sempre legittime aspettassero la verifica del giudice superiore. Un singolo provvedimento, giusto o sbagliato che sia, non vuol dire che la magistratura combatte il governo”.

Il governo cercherà di riscrivere i rapporti con la magistratura?

“Non mi pare il momento più opportuno per discuterne. Occorre ritrovare un equilibrio, ma evitando polemiche e strumentalizzazioni su un singolo provvedimento. La realtà è che la magistratura ha assunto, soprattutto per inerzia della politica su molti temi, un ruolo che non è più di accertamento di fatti specifici e responsabilità individuali, ma di attore di sistema”.

Si continuerà a fare lo screening ideologico dei giudici?

“Dovremmo concentrarci su come un giudice lavora e motiva i provvedimenti. Ma la tendenza c’è. Negli Usa l’intelligenza artificiale viene usata con applicazioni sofisticate per ricostruire vita, abitudini, pensiero, patrimonio dei giudici”.

Da chi?

“Sono servizi sul mercato. Gli avvocati se ne servono per impostare la difesa su base predittiva. So che giudice ho di fronte, valuto se andare a giudizio o fare una transazione”.

Non è giusto sapere chi è il giudice?

“Una cosa è la trasparenza totale, altra è utilizzare una massa sterminata di dati per profilare il giudice. Chi reclamizza questi servizi, dice: “Noi non guardiamo la legge o i fatti, ci interessa il lavoro di ricerca a tappeto sulla vita precedente del giudice”“.

Dunque Salvini è al passo con gli Stati Uniti?

“Ah, non lo chieda a me. Certo lo è ora in Italia”.

E in Europa, ci sono esperienze analoghe?

“L’Inghilterra pare adeguarsi agli Usa. Al contrario e per fortuna, la Francia ha introdotto una legge che punisce con pene fino a 5 anni chi riutilizza i dati di identità del magistrato per valutare, analizzare o predire pratiche professionali reali o supposte”.

Che significa?

“Che non puoi profilare il giudice per valutare come deciderà e censurare le sue decisioni alla luce della sua vita precedente, sia professionale che personale”.

È una questione rilevante?

“Mi preoccupa un mondo in cui si passa il pettine sulla vita del giudice. Ci porta fuori dalla civiltà giuridica. L’impatto del digitale sulla giustizia è vorticoso. Non si tratta di digitalizzare un fascicolo, ma di arrivare a una giustizia robotica”.

Ma in fondo una giustizia robotica, più prevedibile, non garantisce meglio la certezza del diritto?

“Non credo che un algoritmo salverà il mondo. Vede, molti anni fa sono entrato nel mondo del diritto con la convinzione che la certezza fosse fondamentale. Ora ne sto uscendo con la convinzione che la cosa fondamentale è il ragionevole dubbio”.