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di Donatella Stasio

 

Il Sole 24 Ore, 2 gennaio 2015

 

Il rapporto dell'Europa e le "specifiche raccomandazioni" all'Italia. Il semestre europeo di presidenza italiana doveva essere decisivo per "rafforzare il quadro giuridico di contrasto alla corruzione", almeno secondo l'Ue, che nel Rapporto sull'Italia del 3 febbraio 2013 ci aveva richiamato all'attuazione di "specifiche raccomandazioni" (in primis sulla prescrizione), dopo un'analisi sul "dilagare della corruzione" e sui rapporti tra questa e criminalità mafiosa.

Ma solo con l'inchiesta Mafia-Capitale la politica sembra essersi accorta della realtà, ovvero dell'esistenza di una "corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto", per dirla con le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Eppure, dieci mesi prima che quell'inchiesta deflagrasse, l'Ue segnalava che "in Italia, i legami tra politici, criminalità organizzata e imprese e lo scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono tra gli aspetti più preoccupanti, come testimonia l'elevato numero di indagini per casi di corruzione, tanto a livello nazionale che regionale".

E citando uno studio a cura del Center for the Study of Democracy, aggiungeva: "Il caso italiano è tra i più esemplari per capire quanto stretti siano i legami tra criminalità organizzata e corruzione. È soprattutto la corruzione diffusa nella sfera sociale, economica e politica a attrarre i gruppi criminali organizzati e non già la criminalità organizzata a causare la corruzione".

Il Rapporto è stato letto e archiviato troppo in fretta se è vero - com'è vero - che il governo, invece di varare subito misure anticorruzione, le ha via via annunciate, rinviate e annacquate. Tanto che, salvo auto-riciclaggio e voto di scambio, non solo nessuna è ancora legge ma alcune di quelle approvate dal Consiglio dei ministri sul filo di lana della scadenza del semestre) non sono neppure ancora arrivate alle Camere. Che per giunta, in attesa del governo, hanno dovuto rallentare l'iter sui testi di iniziativa parlamentare in materia di anticorruzione.

Vale la pena rileggere il Rapporto sull'Italia - almeno nella parte sulla repressione penale - per cogliere lo scarto con le risposte del governo. Basti solo pensare che la Commissione, citando i rapporti del Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione (Greco) e dell'Ocse, ricorda che "le carenze esistenti contribuiscono alla percezione di un clima di quasi impunità e ostacolano l'efficacia dell'azione penale e l'accertamento nel merito dei casi di corruzione".

Pur dando atto che la legge 190 sull'anticorruzione (la cosiddetta legge Severino) è stata "un importante passo avanti", la Commissione scrive che essa "lascia irrisolta una serie di problemi: non modifica la disciplina della prescrizione, la normativa penale sul falso in bilancio e sull'auto-riciclaggio e non introduce il reato di voto di scambio.

Il nuovo testo frammenta inoltre le disposizioni di diritto penale sulla concussione e la corruzione" dando adito "ad ambiguità". Contiene norme "ancora insufficienti" sulla corruzione nel settore privato, poiché "restringe il campo di applicazione alle categorie di dirigenti cui il reato è imputabile"; reato perseguibile a querela di parte e non d'ufficio.

Insufficienti anche le norme "sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti". Più avanti il Rapporto aggiunge che la prescrizione "è un problema particolarmente serio" ai fini delle indagini e dei processi: i termini previsti, sommati alla lunghezza dei processi, alle regole e ai metodi di calcolo della prescrizione, alla mancanza di flessibilità delle cause di sospensione e di interruzione e all'esistenza di un termine assoluto che non può essere sospeso o interrotto, "hanno determinato e determinano l'estinzione di un gran numero di procedimenti".

Nonostante i dati segnalino che in Italia l'incidenza della prescrizione sui processi è dieci volte quella della media europea e malgrado "le preoccupazioni ripetutamente espresse dal Greco e dall'Ocse, nulla è stato fatto. La legge Severino "ha lasciato invariata" la disciplina della prescrizione. Ha aumentato la pena massima di alcuni reati, prorogando di fatto la relativa prescrizione, ma ha previsto "sanzioni minori per nuovi reati, come la cd "concussione per induzione" (induzione indebita) ritenuta dagli operatori più frequente di quella classica, abbreviando così i termini di prescrizione".

Ed essendo norme più favorevoli, "si applicano ai processi in corso". Peraltro, la Commissione scrive che "inasprire le sanzioni per determinati reati di corruzione non è di per sé una soluzione idonea" ai fini della prescrizione, che richiede "un piano con tempi e opzioni ben definiti", e comunque l'esclusione dell'appello dal computo dei termini e norme più flessibili su sospensioni e interruzioni.

Fin qui il Rapporto. Dieci mesi dopo, sono diventati legge il reato di voto di scambio (provvedimento di iniziativa parlamentare) e di auto-riciclaggio (inserito nel rientro dei capitali dall'estero). Le misure annunciate dal governo per giugno sono slittate al 29 agosto ma finora in Parlamento è arrivato solo il falso in bilancio (a novembre) mentre forse solo oggi arriverà alla Camera il ddl che modifica la prescrizione (non come indicato dall'Ue) e che aumenta di 2 anni il minimo e il massimo della pena della "corruzione propria" per far fare "un po' di carcere" anche in caso di patteggiamento (previa restituzione del maltolto. Niente su concussione, induzione e altri reati, per i quali, invece, si potrà continuare a evitare il carcere.