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di Aldo Torchiaro

Il Riformista, 14 settembre 2023

Tre tornate di audizioni a Palazzo Madama mentre alla Camera il procuratore antimafia Melillo apre a una stretta sulle intercettazioni. Intanto, in un palazzo romano, si discute dell’ipotesi di revocare la scorta a Valeria Grasso, imprenditrice antimafia. La riforma dell’ordinamento giudiziario e del codice dell’ordinamento militare è sotto la lente del legislatore.

La Commissione giustizia del Senato - la cui composizione include dal 10 luglio anche il senatore Matteo Renzi - ha iniziato ieri un ciclo di audizioni di primo piano. Esperti ed autorità che contribuiscono a definire il perimetro delle riforme giudiziarie e iniziano a tracciarne il percorso. Il Disegno di legge 808 reca “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare” ed è quindi sotto la più ampia insegna che Palazzo Madama ha iniziato ad ascoltare le indicazioni di chi vive il sistema-giustizia più da vicino.

Nella sessione di ieri sono stati auditi in quattro e oggi sarà la volta di altri due autorevoli interlocutori: il Procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, e l’avvocato Domenico Bruno. Ad avviare i lavori, l’audizione del prof. Francesco Morelli, Associato di diritto processuale penale presso l’Università di Bergamo. Poi è stato audito il prof. Enrico Ambrosetti, Ordinario di Diritto penale presso l’Università di Padova. Quindi il Dott. Antonio D’Amato, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere già componente del Consiglio superiore della magistratura. Infine il professor Vittorio Manes, Ordinario di Diritto penale presso l’Università di Bologna.

Saranno tre in tutto le tornate di audizioni della Commissione Giustizia del Senato: oltre che sul dibattito in vista del documento conclusivo sulla riforma della giustizia, il Parlamento dovrà pronunciarsi sulle intercettazioni e sulle proposte su diffamazione e lite temeraria, sequestro degli strumenti elettronici (pc, telefonini e simili), sottrazione o trattenimento all’estero di minori, modifiche al reato di tortura, legittimo impedimento del difensore per motivi familiari, elezione del Csm e delinquenza minorile.

Al via inoltre l’esame degli emendamenti sul ddl sull’estensione delle esenzioni e riduzioni delle spese giudiziarie previste per le cause di lavoro, per le procedure di recupero dei crediti dei professionisti e dei decreti sui compiti del Ministero del Lavoro relativi ai minori stranieri non accompagnati.

Restano infine all’ordine del giorno i dieci testi di riforma della geografia giudiziaria, su cui c’è già una prima bozza di testo unificato predisposta dal relatore Rapani (Fdi), ma prima dovrebbero svolgersi, come spiegato prima delle ferie dallo stesso Rapani, alcune audizioni “di rappresentanti politici che tecnici del ministero della Giustizia per acquisire informazioni sulla situazione della geografia giudiziaria e sugli effetti della riforma del 2012 in merito all’efficienza dell’attuale organizzazione dei distretti giudiziari, sia degli enti territoriali che hanno chiesto il ripristino di alcune sedi soppresse”, oltre a “sopralluoghi per verificare la possibilità di ripristino di queste sedi”.

Non è solo Palazzo Madama a studiare il faldone della riforma della giustizia: di pari passo, a Montecitorio si esamina la materia incandescente delle intercettazioni. E per parlarne è intervenuto ieri in Commissione giustizia il Procuratore nazionale antimafia, Gianni Melillo. La sua ostilità al Far-west delle captazioni selvagge gli è valsa più di una reprimenda da parte di qualche celebrity televisiva tra i procuratori antimafia. Ha ribadito la sua posizione sulle intercettazioni: “Vi è la necessità di un intervento legislativo per limitare la discrezionalità giudiziaria correlata a clausole generali che devono essere sostituite da rigorose e tassative prescrizioni legali”, ha detto Melillo.

Il Procuratore nazionale antimafia ha aggiunto: “È sempre pericoloso che la delimitazione delle aree di applicazione delle garanzie processuale sia affidata all’interpretazione del giudice al di fuori di una griglia rigorosamente delimitata”. Mentre Melillo parlava a Montecitorio, a Palazzo Giustiniani, sede di rappresentanza del Senato, su iniziativa del senatore di Fdi Marco Scurria, la sala Zuccari ospitava la presentazione del libro “Mafia una donna contro. Testimone di giustizia: una scelta difficile”, con la sua autrice, Valeria Grasso. La Grasso è l’imprenditrice palermitana la cui denuncia ha fatto arrestare esponenti di spicco del clan siciliano Madonia ed è tutt’oggi sotto protezione. Ma proprio parlando del libro, che l’autrice porta nelle scuole di tutt’Italia, che il generale dei Carabinieri, Giuseppe Fausto Milillo, rivela una voce, un rumors che sta prendendo corpo: ci sarebbero problemi per continuare a garantire la scorta fuori dalla Sicilia all’imprenditrice antimafia. “Proprio oggi, mentre siamo qui, in un altro palazzo della Capitale stanno decidendo se confermare o togliere la scorta fuori dalla regione Sicilia a Valeria Grasso. Vi ricordo che la mafia non ha confini. Colpisce dove vuole”.

Anche nelle aule di via Arenula e in quelle di Palazzo dei Marescialli, sede del Csm, la giornata è stata intensa. La Sezione disciplinare del Csm ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio il “giudice-poeta”, il magistrato del tribunale di sorveglianza di Perugia Ernesto Anastasio, che ha accumulato un arretrato di 858 fascicoli e che da dieci anni subisce contestazioni per i suoi ritardi. “È un magistrato che sostanzialmente rifiuta il lavoro”, “gettando discredito sull’intera amministrazione giudiziaria” si legge nell’ordinanza che ha accolto la richiesta della procura generale della Cassazione. L’intervento serve a evitare “ulteriore grave pregiudizio” ai diritti dei detenuti e al funzionamento del tribunale di sorveglianza di Perugia.

Lontano dai pregiudizi sembra volersi tenere anche quel giudice del tribunale di Brescia al quale era stato assegnato un caso di maltrattamento in famiglia. Sul banco degli imputati, un uomo proveniente dal Bangladesh per il quale il Pm ha chiesto l’assoluzione: “La compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge”, scrive il giudice. La prima assoluzione per tribalità di cui si abbia memoria, in Italia.