sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Luigi Ferrarella

Corriere della Sera, 28 dicembre 2023

L’obiettivo del Pnrr di ridurre del 90% entro il giugno 2026 l’arretrato della giustizia civile, cioè lo zoccolo duro del numero di cause pendenti da più di 3 anni in primo grado e da più di 2 anni in secondo grado, ormai non é raggiungibile: lo ammette il governo, che per questo nelle interlocuzioni con la Commissione Europea ne ha negoziato e ottenuto una rimodulazione, che però imporrà subito nel 2024 una brusca manovra di rientro, oltre a non diradare dubbi di realizzabilità complessiva a giugno 2026.

Viene infatti abbandonato il target iniziale di ridurre del 90% a giugno 2026 l’arretrato civile passando per una riduzione intermedia entro il 2024 del 65% in Tribunale e del 55% nelle Corti di Appello: per raggiungere questo risultato, infatti, nei Tribunali la riduzione al 31 dicembre 2022 sarebbe dovuta essere del 23% e invece è stata solo del 9,3% (persino meno del ritmo al quale dal 2009 al 2019 senza Pnrr si era scesi da 5 milioni a 2,8 milioni di cause): e per più a macchia di leopardo, con 95 Tribunali che hanno ridotto l’arretrato in media del 28% ma altri 45 che l’hanno invece addirittura aumentato (pure in distretti virtuosi come Milano, Torino o Bologna), soprattutto a causa dei ricorsi in materia di protezione internazionale. Anche le Corti d’Appello, che avrebbero dovuto assorbire a fine 2022 un 39% di arretrato, l’hanno ridotto solo del 28,3%. A questi ritmi, insomma, alla fine dell’orologio del Pnrr, cioè a giugno 2026, invece del 90% pattuito con l’Europa, l’arretrato verrebbe ridotto solo del 32% nei Tribunali e del 68% nelle Corti d’Appello.

Ecco perché il governo ha negoziato con la Commissione Europea una distinzione tra due parametri. Da un lato l’arretrato “statico” cristallizzato al 31 dicembre 2019, composto da 337.740 fascicoli ultra triennali nei Tribunali e 98.771 fascicoli ultra biennali nelle Corti d’Appello; dall’altro le “pendenze” al 31 dicembre 2022, intese come 1 milione 197.786 fascicoli iscritti nei Tribunali dopo l’1 gennaio 2017 e 179.306 fascicoli nelle Corti d’Appello dopo l’1 gennaio 2018. Sono queste cause pendenti che ora il nuovo impegno del governo italiano assicura all’Europa di ridurre del 90% a giugno 2026, portandole quindi da 1 milione 197.786 a 119.779 nei Tribunali, e da 179.306 a 17.931 nelle Corti d’Appello.

Tuttavia questa flessibilità sulle cause pendenti a fine 2022 verrà intanto pagata con una salata cambiale a scadenza già nell’anno che sta per iniziare, giacché l’Italia si impegna ad eliminare subito entro dicembre 2024 quasi tutto l’arretrato “statico” esistente al 2019: il 95%, anziché (come preventivato in origine) solo il 65% dei 337.740 fascicoli nei Tribunali e il 55% dei 98.771 fascicoli nelle Corti d’Appello.

Vista sulla carta, sembra una prospettiva ancor più irrealistica della precedente. É invece fattibile ad avviso delle proiezioni statistiche stilate dalla struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio e dal ministero della Giustizia. Che però, quando devono quantificare la benzina con cui carburare questo rimodulato sforzo, indicano verbi al futuro, possibilità, eventualità. In particolare fanno affidamento su “incentivi che saranno finanziati con le risorse economiche derivanti dai risparmi di spesa dovuti alle minori assunzioni, e con eventuali ulteriori risorse”; sul “rafforzamento degli Uffici per il processo per attrarre e trattenere in servizio le unità di personale assunte”; e sull’obiettivo di “sostenere gli uffici giudiziari meno efficienti nella riduzione dell’arretrato e premiare quelli che raggiungono specifici obiettivi annuali di riduzione del numero di casi pendenti”.

Qui traspare la sinora zoppicante riuscita dell’Ufficio per il processo (Upp), staff a sostegno dei magistrati nelle attività complementari alla giurisdizione, in teoria il cuore dello sforzo del Pnrr: 8.250 addetti assunti nel primo round a febbraio 2022 con un contratto di 2 anni e 7 mesi, e altri 8.250 da assumere nel 2024 con un contratto di 2 anni. Ma la durata a termine, e la scarsa appetibilità in chiave futura rispetto ad altri concorsi, ha determinato uno sciame di dimissioni, che sui primi 8.300 Upp ha visto congedarsi più di 2400 addetti, lasciandone dunque in servizio solo 5900, peraltro utilizzati in 6 modi difformi (ha contato il Politecnico di Milano) dai vari distretti giudiziari. Discorso analogo per altre 5.410 unità di personale tecnico che per 3 anni dovrebbe supportare le cancellerie nel macinare il maggior numero di provvedimenti sfornati dai giudici: il numero non è stato coperto, 581 si sono pure dimessi, e così effettivamente in servizio questa estate erano 3.385.

La Commissione europea “ha riconosciuto l’effetto delle peculiari condizioni del mercato del lavoro nel settore pubblico”, e così il governo ha ottenuto che il personale a tempo determinato sinora assunto e formato possa essere prorogato sino a giugno 2026, mentre il secondo ciclo a maggio 2024 riguarderà 4.000 assunzioni a tempo determinato per 2 anni. Così, comunque, al 30 giugno 2024 le unità di personale in servizio non saranno le inizialmente previste 19.719 persone ma 10.000: si riuscirà a fare più in fretta del previsto ma con meno forze del previsto?