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di Giacomo Salvini

Il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2023

Sul carcere preventivo decideranno tre giudici, non più uno. “Mi auguro che l’approvazione della riforma in Parlamento avvenga in tempi rapidi”, diceva il Guardasigilli Carlo Nordio il 15 giugno scorso nella conferenza stampa post-Consiglio dei ministri in cui era stato approvato il disegno di legge sulla Giustizia in onore di Silvio Berlusconi. Peccato che siano passati esattamente dieci giorni e il testo del ddl che abroga l’abuso d’ufficio, limita il traffico di influenze, prevede una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni e alcuni paletti sulla custodia cautelare sia sparito dai radar. Il testo non è ancora arrivato al Quirinale e quindi nemmeno in Parlamento per l’inizio dell’iter: si è incagliato da oltre una settimana al ministero dell’Economia dove non è ancora stato bollinato.

Il motivo è che i tecnici della Ragioneria generale dello Stato stanno cercando ancora le coperture finanziarie sull’unica norma che le richiede: quella secondo cui da qui a due anni si dovrebbero assumere 250 giudici in grado di poter concretizzare gli obiettivi della riforma. L’articolo 2 del ddl Nordio, infatti, dispone che la custodia cautelare in carcere non sarà più ordinata da un un solo giudice per le indagini preliminari (Gip) ma da un collegio di tre magistrati. Questi, inoltre, dovranno avvertire l’indagato “almeno entro cinque giorni” per interrogarlo prima di disporre il carcere. È stata la norma più discussa nelle ultime settimane al ministero della Giustizia. Gli alleati di maggioranza avevano chiesto al ministro Nordio di prevedere un meccanismo di assunzioni per rafforzare gli organici e non creare “buchi” nei Tribunali. Questo, come spiega la scheda tecnica allegata al ddl, è dovuto anche alla “incompatibilità dei tre giudici nelle fasi successive del processo”. Così, all’articolo 4, è stata prevista l’assunzione di 250 giudici e la riforma entrerà in vigore tra due anni.

Problema: l’assunzione di 250 magistrati richiede stanziamenti significativi. Oltre al concorso servono i soldi per gli stipendi dei nuovi assunti. In particolare, come si legge nella scheda tecnica al disegno di legge, il ministero dell’Economia dovrà trovare un milione e mezzo per celebrare il concorso nel 2024, mentre ne serviranno 20 a partire dal 2025, cioè quando i giudici diventeranno di ruolo. Una volta entrata a regime, la riforma arriverà a costare 35 milioni l’anno. Tanti soldi che devono essere stanziati adesso per “bollinare” il disegno di legge. Alla fine i fondi saranno trovati e questo stride con le vere esigenze della Giustizia italiana: i ritardi cronici nel processo penale e civile sono dovuti ai “buchi” negli organici e all’età media alta dei magistrati senza il dovuto ricambio. Tutti problemi che non vengono risolti proprio per “mancanza di soldi”. Per assumere 250 gip invece si troveranno.

Ad ogni modo il testo si è fermato da dieci giorni al Tesoro. Poi dovrà arrivare al Quirinale per la firma del Presidente della Repubblica e successivamente essere trasmesso in Parlamento: secondo un funzionario di governo, se tutto va bene, questo dovrebbe avvenire a metà settimana. A 15 giorni dall’approvazione in Consiglio dei ministri. Lo slittamento avrà effetti anche sui tempi della discussione della riforma Nordio in Parlamento. Una volta che il governo avrà deciso da quale Camera partirà l’iter del disegno di legge, comincerà la corsa contro il tempo (molto complicata) per approvarlo in prima lettura entro la pausa estiva di agosto.

Anche per questo c’è uno scontro nella maggioranza su quale delle due ali del Parlamento scegliere. Si era parlato della Camera ma, visto l’ingolfamento per i decreti da convertire, avrebbe avuto la meglio il Senato. Questa scelta non piace a Forza Italia che non vuole affidare il primo passaggio parlamentare alla leghista Giulia Bongiorno che vuole stoppare gli assalti di FI e renziani su trojan e intercettazioni. Si deciderà dopo un colloquio tra Nordio e il ministro per i Rapporti col Parlamento Ciriani.