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di Massimo Solari

Italia Oggi, 15 maggio 2024

Se ne parla dai tempi di Berlusconi, ma non accorcerebbe la durata dei processi. La riforma può passare solo con delle modifiche alla Costituzione. “Serve a qualcosa la separazione delle carriere?” Quasi tutti i magistrati da me interpellati hanno risposto di no, e lo stesso ha fatto il congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati, riunito a Palermo nei giorni scorsi. Molti magistrati hanno il timore che la separazione preluda ad un controllo dell’Esecutivo sulle Procure e che la divisione delle carriere renda i Pm meno indipendenti e imparziali. La riforma costringerà anche alla modifica di diversi articoli della Costituzione, che - fino ad oggi - prevede che i magistrati facciano parte di un unico ordine e siano soggetti solo alla legge e al Csm. Fortemente voluta da Berlusconi che la brandiva come un’ascia verso la procura di Milano, oggi la questione ci sembra più un culto della memoria che un’esigenza attuale.

I processi non durerebbero nemmeno un giorno in meno - Facciamo la tara alle dichiarazioni dei magistrati. Se Meloni o Nordio promuovessero una legge che raddoppia gli stipendi dei giudici loro risponderebbero che questa misura “è diretta a minare la nostra indipendenza” e, alla fine, a violare lo spirito della Costituzione. Ma hanno ragione quando dicono che la riforma non accorcerebbe di un giorno la durata dei processi e, alla fine, sembra solo punitiva senza spiegare quali vantaggi deriverebbero dalla sua introduzione. Ci sono procuratori politicizzati e con l’animo della rockstar, ma sono una infima minoranza. Non solo: il Pm che passa al ruolo del giudicante porta con sé tutta l’esperienza maturata nel condurre le indagini e il giudice che va in Procura ha il vantaggio dell’aver esercitato la giurisdizione e così una maggiore equanimità. Vedendo i numeri, lo scambio è oggi molto limitato e non presenta criticità. Non solo, una recente modifica legislativa ha limitato il numero totale degli scambi di ruolo: in base alle norme attuali, stabilite nel 2006, un magistrato nel nostro Paese può al massimo cambiare quattro volte la propria funzione nel corso della carriera. Fino al 2018 hanno cambiato funzione quattro volte o più 72 magistrati, un numero pari allo 0,6 per cento del campione e solo in 13 hanno cambiato funzione più di quattro volte.

Riforma di scarsissimo interesse per la collettività - Si preannuncia una riforma fortemente avversata dai suoi utilizzatori finali ma di scarsissimo interesse per la collettività. L’unica spiegazione di Nordio è che oggi c’è troppa contiguità tra giudice e Pm, che provengono dallo stesso bacino e ciò penalizza l’avvocato che difende l’imputato. Se la disparità tra accusa e difesa è palpabile, ciò non diminuirebbe nel caso della separazione delle carriere: il pubblico ministero tutela l’interesse collettivo mentre l’avvocato difensore rappresenta solo il singolo imputato; libero il Pm da interessi personali, portatore l’avvocato di interessi cogenti (evitare per quanto è possibile la condanna alla galera). Pochi ricordano che nel 2022 e cioè meno di due anni fa il referendum sulla separazione delle carriere ha raccolto solo il 20,9% dei voti (anche se i sì avevano raccolto il 74% dei suffragi). Identico disinteresse avevano mostrato gli elettori agli altri quattro quesiti referendari (incandidabilità dopo una condanna, limitazione delle misure cautelari, membri laici nei consigli giudiziari e sull’elezione dei componenti togati del Csm). I referendum, promossi da Salvini sull’onda della vicenda Palamara, non sono passati per il non raggiungimento del 50% più uno degli aventi diritto al voto.

Dal governo finora nessun atto concreto - Resta il fatto che ad oggi, oltre alle dichiarazioni del Guardasigilli Nordio non c’è nessun documento scritto proveniente dal Governo per poter giudicare la possibile riforma. Stanno litigando sul nulla, dunque? Resta, sullo sfondo, la misteriosa polemica del ministro della difesa, Guido Crosetto, contro l’intera magistratura che definisce: “Un potere che non ha più controlli, politicizzato e da cui bisogna difendersi”. Sempre Crosetto, nello scorso dicembre, in Parlamento, aveva dichiarato: “Non ho attaccato e non attaccherò mai le toghe, ho totale fiducia nei magistrati”.