di Tommaso Ciriaco
La Repubblica, 24 gennaio 2023
Da Algeri un messaggio distensivo ai giudici dopo le tensioni con il ministro Nordio. Torna a Palazzo Chigi la regia sulla giustizia. Salvini, sotto processo, sposa la pacificazione. Il cortile sembra un freezer. La tramontana si accanisce sulle guardie schierate a protezione del palazzo presidenziale di Algeri. Giorgia Meloni, avvolta nel suo cappotto bianco, sfida freddo e telecamere. Deve consegnare un messaggio di tregua ai magistrati. È stufa dei conflitti inutili, degli slogan al vento. Considera prioritario riportare sotto l’ombrello di Palazzo Chigi la linea politica sulla giustizia, gestita finora da Carlo Nordio con effetti allarmanti anche sugli equilibri di maggioranza.
L’idea di un conflitto con le toghe neanche sfiora la presidente del Consiglio. Non può permetterselo. Non è la sua storia, non risponde a quello che sente e crede. E non intende logorarsi come fece un suo illustre predecessore. L’ha spiegato ai suoi dirigenti, in queste ultime ore. “Non voglio e non ho interesse a entrare in conflitto con la magistratura - è stato il senso dei suoi ragionamenti, riferiti da diverse fonti - Non commetterò gli errori di altri nel passato”. Non lo nomina, ma tutti pensano a Silvio Berlusconi. Che, al pari dell’attuale ministro della Giustizia, fa professione di garantismo e non sembra intenzionato ad arretrare su questa battaglia.
Di Carlo Nordio, va precisato, Meloni ha stima. L’ha voluto davvero al governo. Però considera follia entrare a gamba tesa sulla magistratura, prima ancora di scrivere una riforma. Ovvio però che debba continuare a difenderlo pubblicamente, negando ogni scenario di dimissioni, sedando ogni prospettiva di strappo imminente. È stata una sua scommessa, imposta con tenacia, adesso la difende. Ma se con una mano sfila il suo Guardasigilli dall’assedio, con l’altra tende il segno della pace ai giudici, ridimensionando nei fatti il peso del titolare di via Arenula. Riservatamente, intanto, gli ambasciatori di Fratelli d’Italia continuano a inviare messaggi distensivi alle toghe. E assicurano che sulle intercettazioni poco sarà fatto. Di certo, ad esempio, sarà mantenuto lo strumento degli ascolti non solo per le indagini su mafia e terrorismo, ma anche corruzione e riciclaggio.
A difesa di questa posizione, Meloni sarà sostenuta da Matteo Salvini. Se per la premier è soprattutto posizionamento politico ed esigenza tattica, per il leghista è anche questione di interesse mirato. Vuole a tutti i costi promuovere il membro laico proposto dalla Lega ed eletto al Csm, Fabio Pinelli, al vertice del Consiglio superiore della magistratura. Non sarà quindi il vicepremier del Carroccio a picchiare duro sui magistrati, non adesso. Nell’attesa, tra l’altro, di essere giudicato per il processo Open Arms di Palermo, dove sulla carta rischia una condanna che potrebbe arrivare fino a 15 anni. Un potenziale incubo, per chi guida un ministero e siede un gradino sotto la presidente del Consiglio.
Saranno le prossime ore a dire se davvero Meloni sarà capace di evitare errori, forzature, strappi che segnarono l’era berlusconiana. Su questa linea, la leader è consigliata e sostenuta da tutti i principali dirigenti di Fratelli d’Italia, sempre più insofferenti verso Nordio e i suoi rilanci. Anche perché è chiaro a molti che uno scontro con le toghe avrebbe solo l’effetto di aumentare la mole di problemi irrisolti accumulati sulla scrivania di Palazzo Chigi. Due, in particolare, sono imminenti e stanno per esplodere in mano alla premier.
Il primo, e il più allarmante, riguarda i balneari. La trattativa con l’Europa è bloccata, i margini per una proroga sulle concessioni pressoché inesistenti, l’insoddisfazione di Lega e Forza Italia logoranti. Meloni deve decidere: al fianco dei proprietari degli stabilimenti - come promesso per mesi, anni - oppure con Bruxelles. Ben sapendo che la Commissione andrà fino in fondo. Per questo, la leader potrebbe convocare già nelle prossime ore una riunione di maggioranza ad hoc. E poi ci sono i benzinai, che già da stasera e per due giorni bloccheranno i rifornimenti. L’effetto sarà pesante anche sul consenso, è stato spiegato riservatamente a Meloni dagli esperti negli ultimi giorni, perché la serrata dei distributori sarà interpretata dall’opinione pubblica prevalentemente in un modo: c’è un problema benzina, è colpa del governo. Il tutto, a poche settimane dalle Regionali.