sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Alessandra Ziniti

 

La Repubblica, 4 gennaio 2015

 

I giudici non hanno creduto alle lacrime di Veronica, non si sono lasciati condizionare dal suo malore davanti alle foto del viso cianotico di Loris, quel figlio che la accusano di aver strangolato né dalla sua appassionata professione di innocenza.

I suoi silenzi davanti alle contestazioni, le sue bugie e l'ostinata negazione di quella che, secondo i giudici, è l'evidenza, hanno ancora una volta messo all'angolo Veronica che ieri se ne è tornata delusa e angosciata nella sua cella del carcere di Agrigento. Perché il tribunale del riesame di Catania, dopo due udienze-fiume a cavallo di Capodanno e una camera di consiglio di quasi 24 ore, ha respinto l'istanza di scarcerazione presentata dalla difesa e confermare l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Ragusa nei confronti di Veronica Panarello sposando la tesi dell'accusa, secondo cui è stata questa giovanissima mamma, con un disagio psicologico che ha radici lontane, a strangolare suo figlio Loris, 8 anni, e a gettarne il corpo in un canalone fuori dal suo paese, Santa Croce Camerina.

"Allora non mi credono", è stato l'angosciato grido con cui Veronica ha accolto la notizia del dispositivo del tribunale del riesame che si è riservato di depositare le motivazioni entro 30 giorni. Solo il primo step di un braccio di ferro tra accusa e difesa che, quasi certamente, si riproporrà in Cassazione. Ci credeva Veronica che, a quasi un mese dal suo arresto, sarebbe tornata da quel marito dilaniato dai dubbi sulla sua colpevolezza che non è andato mai a trovarla in carcere, e da quel bimbo piccolo che in un sol colpo ha perso il fratello maggiore e la mamma e adesso vive con il papà a casa della nonna materna. Nel Natale più brutto della sua vita, trascorso in assoluta solitudine nel carcere di Agrigento ("trattata peggio che al 41 bis", come dice suo padre Francesco Panarello, l'unico familiare che le sta accanto), aveva detto: "Riuscirò a dimostrare la mia innocenza ai giudici, uscirò presto da qui, devo tornare a casa da mio marito e da mio figlio".

Ma non è andata così. L'avvocato Francesco Villardita aveva provato a smontare i due capisaldi dell'accusa: l'affidabilità delle tante telecamere che dimostrano che Loris quella mattina del 29 novembre non è mai arrivato a scuola come invece sostiene Veronica e che riprendono la Polo nera della madre vicino al luogo del ritrovamento del cadavere in un orario compatibile con la morte e la stessa autopsia spostando l'ora del delitto in avanti quando Veronica era presente ad un corso di cucina.

Tentativo fallito ma, dice: "Resto convinto dell'innocenza della mia assistita, questo è solo un passo in via cautelare, ma la strada è lunga". Il procuratore di Ragusa incassa un altro punto a favore dell'impianto accusatorio e si limita a dire: "Le indagini continuano, sia a carico della signora Panarello che sullo scenario nel quale è maturato il delitto".