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di Michele Ainis

La Repubblica, 1 luglio 2023

Due modi contrari d’intendere il ruolo dei giudici, dei reati e delle pene ci piovono addosso simultaneamente, come una doccia scozzese. Giustizialismo o garantismo, mani libere o manette. Due concezioni opposte del rapporto fra lo Stato e i cittadini, due modi contrari d’intendere il ruolo dei giudici, dei reati, delle pene.

Negli ultimi decenni ne abbiamo fatto un’esperienza alterna, dalla santificazione del potere giudiziario dopo Tangentopoli, alla sua maledizione durante i governi Berlusconi. Ora non più: ci piovono addosso entrambe, simultaneamente, come una doccia scozzese.

Da parte del governo, ma spesso e volentieri anche dalle opposizioni. Sicché non sappiamo come regolarci, non conosciamo più la regola, pur essendo inquilini della Patria del diritto. Mentre gli episodi sono ormai più numerosi dei grani d’un rosario, in questi primi nove mesi della XIX legislatura.

I rave party: pollice verso. Il primo decreto legge del governo Meloni (31 ottobre 2022) li criminalizza, castigandoli con una pena perfino superiore all’omicidio colposo. E per sovrapprezzo la applica a ogni “raduno pericoloso”, categoria in cui può facilmente iscriversi anche una riunione di condominio, per chiunque ne abbia fatto l’esperienza. Tuttavia lo stesso provvedimento interviene sull’ergastolo ostativo, temperandone gli effetti: pollice in su.

Le intercettazioni: pollice biforcuto. Il decreto sui rave, ispirato dal ministro Piantedosi, permetteva le intercettazioni a strascico, quelle disposte in un procedimento diverso rispetto al procedimento in cui verranno utilizzate. Viceversa la riforma presentata a metà giugno dal ministro Nordio ne restringe l’uso, o quantomeno la pubblicazione, preannunciando in futuro limitazioni ancora più radicali.

L’evasione fiscale: pollice in su. Risuonano difatti le parole pronunziate dalla presidente del Consiglio a Catania, alla vigilia delle amministrative: far pagare le tasse ai piccoli commercianti è “pizzo di Stato”. Cui ha fatto eco il ministro della Giustizia: nemmeno il più onesto degli imprenditori è al riparo dall’illecito fiscale, ergo bisogna tagliare subito i processi. Insomma, liberi tutti. Delitti e delinquenti: pollice verso. Fioccano infatti le nuove fattispecie di reato, mentre s’induriscono le pene sui reati già esistenti. È il caso della maternità surrogata: un disegno di legge sostenuto a mani giunte dalla maggioranza di governo (e da un pezzo dell’opposizione) la trasforma in “reato universale”.

È il caso del decreto Cutro sull’immigrazione, con il nuovo reato di morte o lesioni per responsabilità degli scafisti, e con pene fino a 30 anni.

È il caso delle droghe leggere, su cui Meloni ha appena promesso “tolleranza zero”, né più né meno delle droghe letali.

È il caso, infine, dell’annunciata stretta sugli youtuber, dopo la tragedia di Casal Palocco: fino a 5 anni per istigazione sul web. O del danneggiamento di opere d’arte (qui il bersaglio sono i ragazzi di Ultima generazione): in aprile un disegno di legge governativo ha previsto multe di 60 mila euro.

Delitti e delinquenti bis: pollice in su. Ne è prova la riforma Nordio che cancella l’abuso d’ufficio (contrari i vertici Pd, favorevoli i sindaci Pd). La riformulazione del traffico di influenze illecite, reso perseguibile soltanto in casi eccezionali.

La controriforma della prescrizione, per spazzare via la Spazzacorrotti dell’ex ministro Bonafede: a dicembre il governo ha dato parere favorevole a un ordine del giorno presentato dal Terzo Polo. L’appello dei pm contro le sentenze d’assoluzione: via anche quello, in nome d’un garantismo a giorni alterni.

A questo punto noi, confusi, ci domandiamo cosa fare. Sarà meglio rispettare ogni codicillo, oppure infrangerne una mezza dozzina, perché tanto la faremo franca? E qual è l’emblema dell’esecutivo, il bastone o la carota? Vorremmo saperlo, giusto per metterci in riga.

Ma poi ci attraversa le meningi un’illuminazione. Pensiamo agli imputati eccellenti, sull’uno o l’altro lato della barricata. Donzelli e Delmastro - deputati di FdI - al centro d’uno scandalo per aver diffuso intercettazioni coperte da segreto, ma difesi da Nordio in Parlamento. L’ex magistrato Davigo, a sua volta condannato per rivelazione del segreto d’ufficio, con l’esultanza della destra. Il ministro Salvini, processato a Milano per gli insulti a Carola Rackete, che il Senato ha invece dichiarato insindacabile. E via via, l’elenco è lungo.

Dunque una linea c’è, sia pure fra mille capriole: lorsignori sono garantisti con gli amici, giustizialisti con i propri nemici.