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di Giuseppe Salvaggiulo

La Stampa, 13 marzo 2023

La presidente del Tribunale di Sorveglianza: “Rispondo io al telefono”. Uffici vecchie impianti fuorilegge, a breve il trasferimento nei container, all’interno di una caserma. “Dei 27 cancellieri previsti dalla pianta organica ne abbiamo in realtà solo 14. Tra mille cose da fare, alcune urgenti, non riescono a rispondere anche al telefono. Li capisco, ma gli avvocati si lamentavano. Allora ho detto: un giorno a settimana lo faccio io”.

E così la presidente del tribunale di sorveglianza di Bologna, Manuela Mirandola, ha scritto un provvedimento organizzativo con cui “dispone che la dottoressa Mirandola sarà disponibile a rispondere al telefono il mercoledì dalle ore 11,30 alle 12,30 a causa della rilevante scopertura di organico”. Ed è diventata la prima giudice-centralinista d’Italia.

“Non volevo pubblicità, ma dare un segnale”, racconta appena finito il primo turno da centralinista. Prima telefonata da un’avvocata che chiedeva informazioni sull’istanza per un cliente: “Gliele ho fornite, poi le ho ricordato che avrebbe potuto averle usando l’applicativo informatico”. Oltre che centralinista, alla bisogna Mirandola funge anche da capoufficio, organizzando i piani ferie degli impiegati, l’acquisto dei toner e le comunicazioni all’Inps. E da postina, smistando mail e raccomandate (ne arrivano centinaia ogni giorno) quando i cancellieri non ce la fanno. È accaduto sotto Natale: l’unico non in ferie si è ammalato e l’ufficio era scoperto.

“Certi giorni ho la sensazione di essere abbandonata”, dice. Dopo mille denunce al ministero sulla “grave situazione che comporta l’oggettiva impossibilità di svolgere i servizi”, ha deciso di arrangiarsi. “Non sono un manager, non posso fare assunzioni”, spiegava a chi gli chiedeva conto della sua decisione. Può solo trasformarsi in centralinista. Gli avvocati hanno gradito. Qualche collega ha storto il naso. Ma l’Associazione nazionale magistrati le ha espresso “solidarietà e vicinanza”.

I giudici di sorveglianza svolgono una negletta ma preziosa funzione sull’esecuzione delle condanne, in un sistema costituzionale orientato alla rieducazione. “Anche alcuni colleghi ci considerano giudici di serie B - sospira Mirandola. Gli altri fanno il lavoro nobile, noi i buttafuori dei detenuti”. In Italia ci si accorge di loro solo quando scoppiano casi da prima pagina (terroristi, boss mafiosi) o lo scarcerato torna a uccidere. Mirandola si era occupata delle istanze del capomafia Totò Riina, poco prima che morisse.

Al tribunale di Bologna arrivano 20 mila istanze l’anno da tutta l’Emilia Romagna, che si aggiungono alle 11 mila di arretrato. Attualmente ci sono circa 7 mila istanze non ancora iscritte nel protocollo. Chissà quando saranno trattate. Capita che i giudici riescano a occuparsi di una pratica quando il condannato ha già finito di scontare la pena.

Altro che digitalizzazione: è un flusso di carte incontenibile per i 14 cancellieri e i 5 magistrati (dovrebbero essere 27 e 9). Per la verità la presidente aveva disposto un turno-centralino anche per un direttore amministrativo, ma i sindacati sono insorti contro il demansionamento. “Allora ho ritirato la disposizione per lui. Paradosso nel paradosso. Io, invece, ho confermato il mio autodemansionamento”.

L’emergenza giustizia a Bologna è questa. Mancano gli impiegati, i funzionari, gli autisti, i cancellieri. I tassi di scopertura, peraltro rispetto a piante organiche sottodimensionate, spaziano tra il 25% e il 50%. Il ministero ha promesso nuove assunzioni. Per mandare i fascicoli da un ufficio all’altro o in Cassazione c’è solo un’auto. Se la dividono, talvolta se la contendono. “Roma non ci ascolta. A me mancano i geometri per fare le manutenzioni - racconta Oliviero Drigani, presidente della Corte di Appello -. Ormai sono un esperto di burocrazia e manutenzioni, mi sto dimenticando come si fa il giudice. Potrei dirigere le Ferrovie dello Stato”.

Gli uffici di Procura generale e Corte di Appello sono a due passi da quello della giudice-centralinista, nel settecentesco palazzo Baciocchi scelto da Marco Bellocchio come location per un film. Un capolavoro palladiano di sale affrescate e scaloni d’onore più adatto a un museo che a processi con decine di imputati ‘ndranghetisti, dove ogni settimana di confiscano patrimoni di decine di milioni di euro. Infatti gli impianti elettrici sono fuorilegge e non tutte le aule hanno i monitor per i processi in videoconferenza. Ora sono arrivati 3 milioni di euro di fondi del Pnrr, per qualche anno gli uffici dovranno a turno traslocare. Forse in una caserma dismessa, dove saranno piazzati dei container.

“Siamo un distretto giudiziario sottovalutato - dice la procuratrice generale Lucia Musti. L’ho detto a tutti: qui non possiamo ammalarci. Una collega mi ha presa sul serio. Un giorno è arrivata in udienza reduce da un intervento ai denti, con la bocca semiparalizzata dall’anestesia”. Nei mesi in cui ha gestito il monumentale processo ai mandanti della strage alla stazione del 1980 oltre a quelli di mafia, la Procura generale si è arrangiata con 5 magistrati in organico sui 13 previsti, “senza piangerci addosso”.

“Io stessa sono una e trina”, ha detto con amara ironia Musti nella solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. In attesa che il Csm copra i posti vacanti, oltre a fare da 15 mesi le funzioni del procuratore generale svolge anche quelle di avvocato generale e sostituto procuratore in udienza.

“Roma è lontana: lavoriamo con organici ottocenteschi e il Csm ha tempi biblici”, allarga le braccia il presidente Drigani, che denota un certo gusto per l’iperbole. Nel frattempo la presidente Mirandola ha finito il suo primo giorno da centralinista. La ritroviamo a pranzo con Letizia De Maria, collega e segretaria della Anm bolognese. “È un sacrificio - le racconta - ma continuerò a farlo. Mi aiuta a capire le doglianze di cancellieri e avvocati da un punto di vista diverso”.