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di Andrea Fabozzi

Il Manifesto, 7 dicembre 2022

Prima le dichiarazioni programmatiche del ministro che propone una linea garantista, poi le precisazioni della presidente del Consiglio e le posizioni della sua maggioranza nelle votazioni sul decreto rave.

Tanto nette sono le aspirazioni del ministro Nordio al mattino, quando in commissione giustizia al senato presenta le linee programmatiche del suo ministero, da richiedere nel pomeriggio una piena copertura politica di colei che lo ha voluto in via Arenula. Così, da Tirana, Giorgia Meloni assicura che “l’approccio di Nordio è condiviso dal governo” mentre sul ministro si addensano le critiche di chi vede nella linea garantista su carcere, reati ostativi e intercettazioni, un cedimento sul fronte della guerra alla corruzione e alla mafia - i 5 Stelle, ma anche il Pd - e nella stessa commissione durante le votazioni sul “decreto rave” si confermano le ambiguità e le divisioni della maggioranza sugli stessi temi. Ambiguità che Meloni incarna alla perfezione, quando si autodefinisce “garantista nella fase di celebrazione del processo e giustizialista nella fase di esecuzione della pena”.

Uno sgrammaticato (costituzionalmente) tentativo di tenersi in equilibrio tra la tradizionale impostazione “legge e ordine” e i più recenti aneliti verso le garanzie. Tentativo che peraltro ricorda molto il Giuseppe Conte del periodo giallo-verde, quando rifiutava, mettendoli sullo stesso piano, sia il garantismo che il giustizialismo, entrambe a suo dire “visioni manichee”. Detto che però anche qualche passaggio di Nordio in commissione non è stato impeccabile da questo punto di vista - “Il concetto di pena del nostro ordinamento è di natura essenzialmente retributiva”, ha detto, citando a riprova la relazione introduttiva al codice penale che però è stata travolta dalla Costituzione e dall’articolo 27 - resta da riferire i punti fondamentali del programma del ministro.

Intercettazioni. Per Nordio in Italia se ne fanno troppe, più che nel resto d’Europa. “Non possiamo spendere 200 milioni per intercettazioni fatte sulla base di semplici sospetti, che non concludono nulla, e non avere i soldi per l’assistenza psicologica nelle carceri dove si commettono suicidi”, ha detto rispondendo al senatore Scarpinato. Annunciando che sarà “estremamente rigoroso contro la violazione del segreto istruttorio in tema di intercettazioni, disponendo immediate ispezioni”.

Corruzione. All’ex magistrato antimafia diventato parlamentare 5 Stelle, Nordio ha esposto i suoi titoli da procuratore in Veneto nella lotta alla corruzione, soprattutto l’inchiesta sul Mose, per sostenere che non è con le pene che si combatte la corruzione: “L’intimidazione della norma penale è platonica, sull’abuso d’ufficio abbiamo statistiche allarmanti. Nel 2021 su 5.400 procedimenti ci sono state appena 9 condanne davanti al gip e 18 in dibattimento”. Il discorso è stato il preludio alla votazione della maggioranza, nel pomeriggio, dell’emendamento al “decreto rave” che ha tolto i reati contro la pubblica amministrazione dall’elenco di quelli “ostativi”, quelli cioè che impediscono l’accesso ai benefici penitenziari in caso di mancata collaborazione. Elenco nel quale li aveva spostati la legge “Spazzacorrotti” in epoca giallo-verde, quindi anche con la firma della Lega oltre a quella dell’allora ministro Bonafede. I 5 Stelle gridano, con lo stesso Conte, che così si aprono “praterie di impunità”. Mentre il Pd, che pure condivide il fatto che i reati contro la pubblica amministrazione non possano essere equivalenti a quelli di mafia e terrorismo, denuncia che siano stati tolti dagli ostativi “anche i reati contro la P.A. compiuti in associazione a delinquere”. La responsabile giustizia del partito, Anna Rossomando, dice di sperare in un ravvedimento della maggioranza in aula (da lunedì prossimo) “del resto hanno già dovuto correggersi tante volte su questo decreto”.

Riforme costituzionali - Nordio ha rimandato a un secondo tempo le proposte di riforma radicale, spiegando che nell’immediato per “la priorità della crisi economica” si concentrerà sull’efficienza della giustizia, specialmente civile. Ma ha indicato quali sono le riforme costituzionali che avrebbe in mente: separazione delle carriere tra giudici e pm, fine dell’obbligatorietà dell’azione penale “che si è trasformata in un intollerabile arbitrio” e alta corte per togliere al Csm la competenza disciplinare sui magistrati. Csm la cui nuova composizione, si è augurato, non deve essere rinviata sine die. L’elezione dei componenti laici che doveva essere la prossima settimana, ora si sa, il parlamento l’ha fissata a metà gennaio.