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di Liana Milella

La Repubblica, 22 settembre 2023

Lo scontro nella maggioranza finirà con la fiducia alla Camera. Accolti alcuni emendamenti di FI. Polemiche da Pd e M5S: “Danneggiato il diritto di difesa”. Finisce con la fiducia alla Camera lo scontro sulle intercettazioni. Forza Italia incassa “solo” alcuni emendamenti, che però “ledono il diritto di difesa” secondo M5S, e rischiano pure di finire sul banco della Consulta secondo il Pd perché è “incostituzionale” sanare adesso ascolti per reati già sotto inchiesta. Era proprio questa la tesi di Forza Italia e Azione, ma entrambi hanno dovuto cedere al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro che ha ribadito la linea della premier Giorgia Meloni sul decreto annunciato alla vigilia dell’anniversario Borsellino.

Quel decreto omnibus, approvato il 10 agosto, che nei due primi articoli contiene le norme sulle intercettazioni, ha richiesto adesso ore di litigioso confronto nella sala del Mappamondo della Camera. Il decreto stabiliva - proprio come ha chiesto il procuratore nazionale Antimafia Gianni Melillo, che lo ha ribadito in audizione davanti ai deputati due settimane fa - che non vi è differenza tra gli ascolti chiesti per i reati propriamente di mafia e quelli commessi con il “metodo mafioso”. Giusto come aveva già stabilito la sentenza Scurato delle Sezioni unite della Cassazione del 2016, la cui valenza, da allora fuori discussione, era stata “incrinata” dalla decisione di una sezione “semplice” della stessa Cassazione, che aveva escluso l’applicazione anche ai delitti commessi con “il metodo mafioso”. Il decreto del governo ripristina proprio la sentenza Scurato e quindi “salva” non solo i processi futuri, ma anche quelli precedenti grazie a una norma transitoria.

Proprio questa norma è stata l’oggetto dello scontro. Forza Italia e Azione volevano abolirla - è incostituzionale dicevano - ma hanno perso. Ha prevalso la volontà del governo, ribadita con nettezza nella sala del Mappamondo. Il Pd però, con Debora Serracchiani e Federico Gianassi, ha contestato la strada seguita perché questa sanatoria successiva rischia di infrangersi sull’incostituzionalità. Serracchiani ironizza e si chiede “ma dov’è Nordio?”. Ma la maggioranza va avanti. E conta già di mettere la fiducia martedì prossimo visto che il decreto dev’essere convertito entro il 9 ottobre e deve ancora passare al Senato.

Ma proprio il decreto è stato l’occasione per un violento scatenamento contro le intercettazioni, in cui tutto il malcontento di Forza Italia e Azione è venuto allo scoperto. Contro la Lega, che nel frattempo con Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia del Senato, ha approvato un’ampia relazione proprio sugli ascolti, che mette in evidenza i punti critici, ma le definisce “irrinunciabili”, peraltro approvata da tutta la maggioranza. E anche contro Fratelli d’Italia che, con il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, ha sostenuto la piena correttezza del decreto e la necessità di non ledere uno strumento fondamentale per le indagini come gli ascolti. Quindi garanzie sì, ma cum grano salis.

Ma gli emendamenti già passati alla Camera tra FI e Azione - mentre Lega e FdI non ne hanno presentati - già fanno “danni”. Ad esempio come quello sul divieto di trascrivere le intercettazioni cosiddette “irrilevanti”, che scatena le durissime proteste di M5S, che con l’ex procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho e l’ex pm di Palermo Roberto Scarpinato, definiscono il centrodestra “non garantista, ma classista e preso solo dalla foga di intralciare i processi, al punto da calpestare perfino i diritti della difesa e quindi degli indagati”. Secondo loro “impedire la trascrizione anche sommaria delle intercettazioni non rilevanti è un grave vulnus proprio per la difesa degli indagati”, perché gli avvocati potranno solo ascoltare, “ma è impossibile ascoltare centinaia o migliaia di ore di intercettazioni”. Secondo M5S, in questo modo “si assegna un potere esclusivo alle forze di polizia e al pm”. Non solo ma “la norma è priva di logica perché i brogliacci sono custoditi nell’archivio digitale e sono coperti dal segreto di ufficio”.

Ma non basta. Perché passa anche l’emendamento di FI sulle cosiddette intercettazioni “a strascico”, ammesse in un procedimento per un determinato reato, ma poi utilizzate anche per altri ovviamente se sono la prova di un reato. Si torna alla sentenza Cavallo della Cassazione del 2020 che già metteva dei paletti. Adesso sarà possibile usarle solo se riguardano mafia e terrorismo. Dal Senato plaude il capogruppo forzista Pierantonio Zanettin, correlatore con Bongiorno della relazione sulle intercettazioni, che aveva fatto modificare proprio con un emendamento sul ritorno alla “sentenza Cavallo”. E adesso dichiara di “essere molto soddisfatto per l’intervento sulle intercettazioni a strascico, che saranno finalmente limitate solo ai reati più gravi”. Fin troppo evidenti le conseguenze, saranno buttate via intercettazioni che comunque rivelano l’esistenza di un reato.

All’insegna del garantismo anche la proposta di Enrico Costa che obbliga il pubblico ministero, a fine inchiesta, a fare “il conto” di quanto ha speso per intercettare. Non passano invece i suoi emendamenti sul Trojan che non va usato “nei luoghi di privata dimora”, a meno che non si tratti di scoprire reati gravi e gravissimi. Né quello contro l’applicazione del decreto anche ai reati già commessi. Proprio Costa polemizza a distanza con Giulia Bongiorno: “Si sta ripetendo lo schema del 2011, con gli stessi protagonisti e temo con lo stesso esito. Andatevi a vedere chi era la presidente della commissione Giustizia della Camera all’epoca, chi erano i parlamentari che sostenevano la riforma di Berlusconi sulle intercettazioni e come andò a finire…”. Finì che proprio grazie alla Bongiorno, allora al vertice della commissione Giustizia, fu evitato il “bavaglio” alla stampa.