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di Luigi Manconi

La Repubblica, 9 novembre 2023

Se avete oltre trent’anni provate a immaginare che la grandissima parte della vostra vita (più di tre decenni) sia trascorsa all’interno di un pozzo profondo, di un buco nero, di un abisso insensato. E pensando a quella vertigine leggete di Beniamino Zuncheddu, la cui vicenda è meno singolare di quanto si creda. Infatti, la condanna di una persona innocente non è un evento così raro, specialmente in alcuni Paesi dove il tasso di carcerazione è assai elevato, come negli Stati Uniti. Fece scalpore, tra le tante, la storia di Anthony Ray Hinton: arrestato in Alabama nel 1985 fu condannato alla pena capitale con l’accusa di duplice omicidio. Hinton, che da sempre ha negato ogni responsabilità, visse per trent’anni nel braccio della morte.

Nel 2015, infine, grazie a nuovi esami balistici, venne dichiarato innocente e scarcerato. “Ringrazio - disse una volta libero - tutti coloro che, da fuori, hanno mantenuto alta l’attenzione sulla mia storia, per tutti quelli che, invece, tanto hanno fatto per porre fine alla mia vita sarà Dio a giudicare”.

In Italia la pena di morte fu abolita definitivamente, anche dal codice militare, nel 1994, ma continuano a verificarsi numerose ingiuste detenzioni. Secondo l’ultimo Report dell’Associazione Errori Giudiziari, in Italia nel 2022 sono stati accertati 539 casi di ingiusta detenzione e 8 di veri e propri errori giudiziari (ossia persone condannate in via definitiva e poi rivelatesi innocenti in seguito a processo di revisione). Tra le varie storie potrebbe esserci quella di Beniamino Zuncheddu, detenuto da trentatré anni in Sardegna, la cui storia è stata portata alla luce dalla Garante regionale delle persone private della libertà personale Irene Testa, tesoriera del Partito Radicale.

Zuncheddu fu arrestato nel 1991 con l’accusa di aver ucciso tre pastori. L’unico testimone in un primo momento dirà di non aver visto in volto l’uomo, poiché coperto da passamontagna, ma poi ritratterà accusando Zuncheddu. Questi, condannato all’ergastolo, ora ha 58 anni e si è sempre dichiarato innocente. Tre anni fa la Procura generale ha riaperto il caso e il super testimone, senza sapere di essere intercettato, ha ammesso che la foto di Zuncheddu gli venne mostrata dal poliziotto che indagava sul caso prima (ovvero in anticipo rispetto al riconoscimento ufficiale). “Sanno la verità”, disse alla moglie. Nel frattempo, la macchina della giustizia si muove con grandissima lentezza e Zuncheddu, denunciano i familiari, è sempre più sfibrato dall’attesa. La decisione spetta alla Corte d’Appello di Roma che in questi mesi sta riesaminando il caso. Trentatré anni dopo.