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di Francesco Machina Grifeo

Il Sole 24 Ore, 30 settembre 2023

Il documento che sarà presentato ufficialmente il 3 ottobre è frutto di un lavoro congiunto di magistrati e avvocati, contiene le indicazioni procedurali e due modelli per l’invio della richiesta al Tribunale e alla Corte di appello.

Milano si dota di uno “schema operativo”, frutto di un lavoro congiunto di avvocati e magistrati, per l’applicazione degli istituti della giustizia riparativa contenuti nella Riforma Cartabia ed entrati in vigore il 30 giugno 2023. La presentazione avverrà il prossimo 3 ottobre (ore 14.15) presso la Biblioteca Ambrosoli del Palazzo di Giustizia. Folto e di primo piano il parterre degli intervenienti tra cui il Presidente della Corte d’Appello di Milano, Giuseppe Ondei; il Presidente del Coa di Milano, Antonino La Lumia, la Pg Francesca Nanni, la Presidente del Tribunale di Sorveglianza Giovanna di Rosa, il Presidente f.f. del Tribunale di Milano Fabio Roia, il Procuratore Marcello Viola, la Presidente della Camera Penale di Milano, Valentina Alberta, il coordinatore della Commissione Giustizia Penale dell’Ordine degli Avvocati di Milano Enrico Giarda. Tutti soggetti sottoscrittori del documento a sottolineare lo sforzo di instaurare delle “buone prassi condivise”.

Il progetto, si legge nelle premesse, mira a “suggerire modalità operative differenziate a seconda della fase del procedimento (cognizione o esecuzione) e ad individuare modalità di comunicazione tra i diversi soggetti coinvolti, che massimizzino la fruibilità dello strumento tenendo conto della limitatezza delle risorse”.

Le linee guida sono state elaborate con la collaborazione del Centro per la Giustizia riparativa del Comune, a cui possono ancora essere inviati in valutazione eventuali casi specifici (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Il gruppo di lavoro organizzerà comunque riunioni “almeno semestrali per attualizzare, integrare e correggere il presente schema operativo”.

Il programma di giustizia riparativa, si legge nel documento, è applicabile astrattamente a qualunque tipologia di reato, purché sia utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede; e sia accertata l’assenza di un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti. Non è invece richiesto alcun accertamento del fatto (neppure nei limiti dell’esclusione dell’art. 129 c.p.p.), né il riconoscimento della propria responsabilità. Le parti dunque saranno sentite esclusivamente sulla sussistenza dei presupposti menzionati.

Inoltre, l’eventuale dissenso della persona offesa non potrà essere ostativo all’invio del caso per la valutazione di programmi di giustizia riparativa senza partecipazione della vittima diretta. Mentre la valutazione della sussistenza di un valido consenso (personale, libero, consapevole, informato) della persona indicata come autore dell’offesa e della vittima sarà in ogni caso riservata al mediatore.

L’accesso ai programmi di giustizia riparativa deve essere consentito in qualsiasi fase, sin dalle indagini e fino alla fase esecutiva o anche in caso di proscioglimento a prescindere dal fatto che sia individuabile in concreto una “vittima” o che manchi il consenso all’invio della vittima individuata. Infine, deve essere assicurata l’assoluta gratuità del percorso.

Il documento indica in quali atti del Pm e del GIP/GU debba essere inserita l’informazione e quali sia l’autorità competente all’invio a seconda delle diverse fasi del procedimento.

L’invio al Centro deve avvenire di regola attraverso un provvedimento senza particolari formalità del magistrato di sorveglianza, e non del direttore dell’istituto. Vi è infatti la necessità che l’accesso ai programmi “sia ampio e indiscriminato, con valutazione dei presupposti solo in capo al magistrato di sorveglianza”. I direttori degli istituti penitenziari saranno invitati, tramite accordo con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria, a fornire informazioni sulle possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa ex art. 47 co. 2 OP.

Fermo quanto previsto dall’art. 15bis OP, viene sottolineato come l’ammissione al lavoro all’esterno, la concessione di permessi premio o misure alternative di cui al capo VI dell’ordinamento penitenziario e della liberazione condizionale non possano mai essere subordinati alla partecipazione a programmi di giustizia riparativa.