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di Gabrio Forti* e Claudia Mazzucato**

Il Sole 24 Ore, 26 ottobre 2022

Nelle ultime settimane è calato sul mondo il presagio di un’escalation atomica del conflitto in Ucraina, come se non bastassero le migliaia di morti, feriti e sfollati. Il 2 ottobre scorso, il Pontefice ha implorato un serio sforzo di pace, “supplicando” Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky; il 4 ad Assisi il Presidente della Repubblica ha rivolto l’appello a non “arrendersi alla logica di guerra (...). E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale”.

Negli stessi giorni, nelle aule dell’Università Cattolica, una piccola-grande esperienza dava concretezza alle parole del Presidente Mattarella gettando, tra le righe della Storia violenta (anche) di questo tratto di secolo, alcuni piccoli segni opposti di vita, pace e futuro possibili. Su iniziativa dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale e in collaborazione con il Forum Europeo per la giustizia riparativa, il Parents Circle israelopalestinese, l’Istituto Basco di Criminologia, la Defensoria del pueblo del País Vasco (Ararteko) e alcuni tra i maggiori esperti europei di restorative justice, si riunivano per la quarta volta dal 2019 accomunate dalla partecipazione a percorsi di giustizia riparativa dopo atti di violenza politica ed estremismo violento di varia matrice. Responsabili e vittime hanno scelto volontariamente di “abbandonare la prepotenza” e, potremmo dire, abbandonarsi al dialogo. Consapevoli, nelle loro viscere, della necessità di “interrompere la spirale” mortifera della violenza, si sono impegnati nel disegnare un’altra spirale (significativamente, le sedie dei partecipanti erano disposte in forma di spirale): un cerchio aperto alle parole dure di un confronto franco e terribile, sempre significativo e disarmante (per riprendere un concetto su cui insiste Agnese, figlia di Aldo Moro).

Nel corso di due momenti pubblici, i partecipanti all’Incontro degli Incontri - questo è il nome dato all’iniziativa - hanno posto l’uditorio davanti al “fatto compiuto” del loro essere pacificamente insieme, esponendosi all’interlocuzione con la cittadinanza, inclusi studenti e giovani. Intersecare l’Incontro degli Incontri - con le sue storie di superamento della violenza con il dialogo - e partecipare in diretta allo scriversi di un presente in cui rispetto e riconciliazione non consentono alla morte di avere l’ultima parola è un bagno di realtà dal quale si emerge (più) certi che gli appelli al disarmo, alla pace e al dialogo non hanno nulla di retorico e devono anzi essere presi sul serio e ricadere concretamente nel quotidiano in ogni ambito possibile.

Disarmare il dolore, disarmare l’ingiustizia, disarmare la giustizia non sono ideali per anime belle, sono necessità per sopravvivere, come testimoniano - con il fatto stesso del loro incontro - gli ex combattenti e le persone offese implicati in vicende sanguinose della Storia recente dell’Europa e del Medio Oriente. Per una memorabile sincronicità, nei medesimi giorni, il Consiglio dei Ministri approvava in via definitiva la riforma della giustizia penale recante, fra altre novità, una “disciplina organica” della giustizia riparativa.

Quest’ultima, integrata nel sistema penale, diviene catalizzatrice di innovazione, partecipazione e potenziale mitigazione sanzionatoria. II decreto prevede che la giustizia riparativa sia “accessibile senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità”, avendo cura di assicurare “l’eguale considerazione per l’interesse della vittima e della persona indicata come autore dell’offesa”: perché la restorative justice non è la giustizia “delle vittime”, né dell’emenda moral-restitutoria del reo. La disciplina contiene principi e disposizioni inequivocabili per orientare costituzionalmente la giustizia riparativa, il che dovrebbe rassicurare chi, di recente, ha espresso preoccupazioni in tal senso.

Nella giustizia globale come nella giustizia penale nazionale, occorre il coraggio della coerenza: sforzarsi di abbandonare la prepotenza che trasforma in giustizieri per coltivare ovunque il dialogo e interrompere ogni spirale di violenza, affermando la pari dignità di ogni essere umano, dal peggiore al più vulnerabile, dal più innocente al più colpevole, senza dimenticare quella “zona grigia” che, come insegna Primo Levi, unisce i primi e i secondi.

*Ordinario di Diritto penale e Direttore dell’Alta Scuola sulla Giustizia Penale Università Cattolica

**Associato di Diritto penale, Comitato di coordinamento dell’Alta Scuola sulla Giustizia Penale Università Cattolica