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di Fabio Fiorentin

Il Sole 24 Ore, 26 febbraio 2024

Con la decisione della Cassazione, contraria all’impugnabilità dell’ordinanza di diniego di accesso alla giustizia riparativa, si rafforza il filtro all’ammissione ai programmi di riparazione, già fissato dalla giurisprudenza che ha sancito la non obbligatorietà dell’avviso alle parti della facoltà di accedere alla giustizia riparativa. Peraltro, l’inquadramento sistematico operato dalla Cassazione nella sentenza 6595/2024 appare non del tutto persuasivo laddove nega la natura giurisdizionale all’attività del giudice nella verifica dei presupposti per l’accesso ai programmi riparativi.

Questo sia perché l’attività è esercitata a fini di giustizia, implicando valutazioni inerenti a profili di sicurezza delle parti e di risoluzioni delle questioni derivanti dal fatto-reato; sia per le dirette ricadute dell’attività riparativa sul trattamento sanzionatorio e sulle modalità di esecuzione della pena e sulla libertà personale dell’imputato. Va detto che l’impugnabilità del provvedimento previsto dall’articolo 129-bis del Codice di procedura penale e, in generale, la tutela di una persona - sia la vittima, sia colui che è indicato come autore dell’offesa - di fronte alle decisioni del giudice (compreso il suo silenzio) circa l’interesse a partecipare a un programma riparativo dipendono non solo dalla natura del procedimento che si svolge innanzi ai mediatori.

È decisiva la natura dell’aspettativa riconosciuta alle persone coinvolte. In questo senso, le norme hanno qualificato l’aspettativa all’accesso al programma riparativo come una “facoltà” e non come un “diritto”, tanto che l’articolo 129-bis del Codice di procedura penale e l’articolo 15-bis dell’ordinamento penitenziario non prevedono l’obbligo di sentire la vittima. Se però si costruisse l’impianto del programma riparativo come un diritto dell’imputato/ indagato e non come interesse della persona indicata come autore dell’offesa non avrebbe più senso parlare di una disciplina organica della giustizia riparativa, perché saremmo di fronte a un sub procedimento giurisdizionale di cui la vittima sarebbe parte eventuale.

D’altro canto, l’esclusione di ogni profilo di nullità connesso all’eventuale mancato avviso alle parti della facoltà di accedere alla giustizia riparativa e la natura discrezionale del vaglio giudiziale sull’accesso alla restorative justice, sottratto alla possibilità di impugnazione, in una con l’impermeabilità della giustizia riparativa alle garanzie proprie del processo penale, disegnano il volto di un sistema che pare disincentivante rispetto alle pratiche riparative, evidenziando una vera e propria “crisi di rigetto” di quello che - a detta di autorevoli commentatori - avrebbe dovuto costituire il vero fiore all’occhiello della riforma Cartabia.