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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 15 febbraio 2024

Il diniego non è ricorribile sia per la tassatività dei mezzi impugnatori sia per l’impossibilità di analogia con decisioni che incidono su posizioni soggettive insussistenti nel caso della riparazione. La giustizia riparativa non si sovrappone in termini di finalità al processo penale. Da ciò deriva anche che non è impugnabile l’ordinanza con cui l’imputato si vede respingere l’istanza di ammissione al percorso riparativo. In realtà i due percorsi possono sovrapporsi proprio in quanto indipendenti uno dall’altro. L’articolo 44 del Dlgs 150 /2022 prevede l’ammissione agli specifici programmi stabiliti con un mediatore a prescindere dalla fattispecie e dalla gravità del reato commesso. Ma, in particolare, va precisato che non c’è analogia sul contenuto tra una decisione che incide su situazioni soggettive e l’iter riparativo che tende ad annullare le conseguenze del reato. Da ciò ne deriva che non è possibile un’interpretazione estensiva dei mezzi d’impugnazione fino a farvi ricomprendere la domanda di ammissione alla giustizia riparativa.

Così la Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 6595/2024 - ha respinto il ricorso contro il diniego ricevuto dall’imputato a fronte della sua richiesta di accedere a un iter di riparazione. La Cassazione ribadisce che la giustizia riparativa sebbene normalmente nasca all’interno del processo penale essa ha una sua piena autonomia da questo. L’accesso a tale percorso - finalizzato ad annullare le conseguenze del reato - non è paragonabile ai benefici, quali la sostituzione della pena detentiva breve, e può essere chiesto tanto dall’imputato quanto d’ufficio dal giudice che, in dialogo con tutte le parti coinvolte, ne accerta la fattibilità. Ma la vera indipendenza della giustizia riparativa viene esemplificata dalla Cassazione dove ricorda che a essa si può ricorrere anche dopo aver scontato la pena, quindi a processo definito, o prima che sia iniziata l’azione penale, quindi in assenza del processo.