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di Liana Milella

La Repubblica, 11 gennaio 2024

Il ddl tenta di passare il varco in commissione Giustizia. Nuovi paletti per le procure: addio al gip unico, i ricorsi potrebbero essere valutati da un collegio. Dopo aver cancellato l’abuso d’ufficio e oscurato del tutto le intercettazioni, che non si potranno pubblicare se non saranno citate nei provvedimenti del giudice, eccoci alla fase più delicata dell’indagine, quando il pm arriva sulla soglia dell’arresto. E qui c’è una nuova zeppa del Guardasigilli Carlo Nordio inserita nel suo disegno di legge che tenta di passare il varco della commissione Giustizia del Senato. Con una maggioranza che sta facendo di tutto per ampliarne i confini. Soprattutto sulla stretta alle intercettazioni, anche tra avvocato e difensore, e ipotizzando perfino - ma è tutto da vedere che l’ipotesi passi - che anche i nomi “delle persone estranee alle indagini” non siano citate.

Un emendamento al secondo articolo del ddl del forzista Pierantonio Zanettin che ha ottenuto un primo via libera, ma è in attesa di un’ulteriore riformulazione da parte della stessa maggioranza e che comunque già suona singolare. Recita così: “Sono, in ogni caso, esclusi i nominativi di persone estranee alle indagini alle quali è garantito l’anonimato”. Una frase da aggiungere al comma due bis del codice di procedura penale che riguarda “l’esecuzione delle operazioni di intercettazione”. C’è chi ci vede un possibile riferimento a indagini recenti, in particolare a quella su Tommaso Verdini, laddove è stato citato anche il nome del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.

L’emendamento ancora ieri era comunque oggetto di una riformulazione, ma suona singolare lo scrupolo di raccomandare, una sorta di vero e proprio ordine, in un verbale che già di per sé deve essere sommario, debbano poi essere citate persone che sono estranee alle indagini stesse. Quando addirittura lo stesso articolo due della norma del codice di procedura, nella versione attuale, si premura di raccomandare la seguente frase: “La conversazione omessa non è utile all’indagine”. C’è da chiedersi allora perché un nome estraneo alle indagini dovrebbe finire nelle carte a meno che esso non sia comunque utile nel contesto, per cui non può essere omesso. Peraltro, con una commissione presieduta dalla responsabile Giustizia della Lega, Giulia Bongiorno, che è anche la legale di Salvini, un emendamento del genere risulterebbe ancora più singolare.

L’incontro “di garanzia” - Ma tant’è. Il ddl Nordio, che lo ha presentato egli stesso come garantista, via via sembra prendere sempre di più la foggia di un provvedimento ad personam. Con lo scrupolo di mettere in sicurezza, ben oltre il principio della presunzione di innocenza, le persone che finiscono nelle indagini. In questa logica ecco la misura che obbliga il pubblico ministero, a meno che non ricorrano condizioni come l’inquinamento delle prove o il pericolo di fuga, a interrogare prima la persona eventualmente da arrestare, depositando tutte le carte necessarie. Un “interrogatorio di garanzia, che ovviamente non può ricorrere nei casi più gravi, ma che dovrebbe offrire una sorta di last chance al candidato alle manette per evitarle. È una norma su cui Nordio punta molto. Tant’è che l’obbligo dell’interrogatorio viene così giustificato: “Un modo per evitare l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva” e per questo la legge prevedrebbe l’interrogatorio in modo da “mettere il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione e anche un contatto diretto con l’indagato prima dell’adozione della misura”.

I pm indeboliti - E sempre nella logica garantista ecco il passaggio da un solo giudice delle indagini preliminari a un collegio di tre giudici, per valutare con la necessaria ponderatezza le richieste del pubblico ministero. Un pm che da questo disegno di legge Nordio esce sempre più debole e in difficoltà, lontano dall’immagine del vero e proprio torturatore, a cui forse per questo vanno messi rigidi paletti. Sarà sempre per questa ragione che Nordio ripropone la famosa legge Pecorella del 2005 per cancellare la possibilità del pm di fare appello se perde il processo, ovviamente tenendo conto di quanto la Consulta ha già stabilito il 6 febbraio per giunta con una sentenza firmata dall’ex presidente della Corte Giovanni Maria Flick, in modo che lo stesso Appello non risulti né generalizzato, né universale. Ovviamente saranno sempre appellabili le decisioni per i reati più gravi tra i quali sono compresi anche quelli del Codice rosso.