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di Giuseppe Salvaggiulo

La Stampa, 30 aprile 2022

Eugenio Albamonte, segretario di Area, alla vigilia dell’assemblea: “Via gli emendamenti dei partiti che ci vogliono normalizzare”.

Quattro temi per riaprire il dialogo sulla riforma della giustizia, evitando “una svolta che rappresenterebbe un punto di non ritorno”, spiega Eugenio Albamonte, segretario di Area, la corrente progressista della magistratura, alla vigilia della grande assemblea dell’Anm chiamata a decidere sulle forme di protesta, sciopero compreso.

Qual è l’obiettivo dell’assemblea?

“Dobbiamo focalizzare nel modo più chiaro i temi della riforma che riteniamo disfunzionali e punitivi, se non vendicativi. E sono i principali emendamenti approvati dalle forze politiche alla Camera sul testo licenziato dal consiglio dei ministri”.

Quali sono i punti più controversi?

“In primis la separazione radicale delle funzioni, che non è obiettivo di efficienza né legato al Pnrr, ma serve a chiudere nel modo peggiore, con un tratto di penna e aggirando sia la Costituzione che il referendum, una lunga vertenza aperta da centrodestra e Camere penali”.

E il fascicolo del magistrato?

“Nel mondo ideale, potrebbe anche essere utile. Ma arriva in fondo a una campagna che “denuncia” presunti flop di iniziative investigative e processuali, connettendo l’esito dei processi alla censura dei magistrati che li hanno promossi e istruiti, oltre che giudicati nei gradi inferiori. L’effetto è duplice: vendicativo e intimidatorio”.

Molti protestano anche per la stretta disciplinare.

“Vengono introdotte due fattispecie di responsabilità disciplinari: per le conferenze stampa e per la mancata trasmissione degli atti dal pm al giudice. Si attribuisce al giudice disciplinare una valutazione nel merito dell’attività giudiziaria, con una sovrapposizione impropria”.

È un caso che questi quattro punti siano tutti di origine parlamentare?

“Li accomuna una definita matrice culturale, perché sono cavalli di battaglia dell’Unione Camere Penali tradotti in emendamenti scritti da forze politiche che dal governo Berlusconi in poi cercano di indebolire il controllo di legalità sui poteri politici ed economici”.

Con quale effetto?

“Ottenere la normalizzazione della magistratura, mancata per trent’anni”.

Dunque proponete di tornare al testo Cartabia, che pure contestavate?

“Certamente, pur presentando criticità, non era animato da intenti punitivi e intimidatori. A volte meglio a volte peggio, metteva a fuoco i problemi e trovava soluzioni, talvolta calibrate talvolta discutibili. Ma era scevro dagli intenti peggiori”.

Per questo all’assemblea avete invitato gli esponenti di partiti e anche la ministra?

“Credo che sia stata una scelta giusta, oltre inedita. Siamo pronti a ogni soluzione per protestare, anche allo sciopero se necessario, ma non chiusi all’interlocuzione istituzionale”.

Cosa vi aspettate?

“Che si apra un dialogo. Che sia riconosciuto il senso delle nostre critiche, finora bollate di corporativismo senza discussione nel merito. Che in particolare su questi quattro punti, ci sia una disponibilità”.