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di Fulvio Fulvi

Avvenire, 4 giugno 2024

Il governo ha istituito i “Gio”, Gruppi specializzati nella repressione delle rivolte. Il sindacato degli agenti penitenziari: “Il governo sul tema è in stato confusionale”. Come garantire più sicurezza all’interno degli istituti di pena? E quali provvedimenti prendere per reprimere le rivolte e gli atti di violenza dietro le sbarre (eventi per fortuna abbastanza rari)? Il governo, tramite il sottosegretario alla Giustizia con delega alla Polizia penitenziaria, Andrea Delmastro delle Vedove, ha pensato di istituire il “Gio”, gruppo anti-sommossa di pronto intervento. Un “pugno fermo”, dunque, contro le intemperanze manifestate “in massa” dai detenuti.

Si tratta di un “reparto di rapida reazione operativa, debitamente equipaggiato e in grado di intervenire entro un’ora dalla richiesta, un gruppo specializzato nella protezione e tutela della sicurezza nelle strutture penitenziarie e delle persone in caso di ribellioni nelle carceri” spiegano l’esponente del governo e il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo.

L’iniziativa si aggiunge alle altre intraprese in questo anno e mezzo di gestione del settore, come l’assunzione di oltre 7mila allievi agenti e la dotazione al corpo degli addetti alla sorveglianza di scudi e caschi antisommossa, giubbotti antiproiettile e body cam. Il Gio avrà una sede centrale al Dap, presso il ministero a Roma, e gruppi di interventi regionali nelle articolazioni locali e provveditorato: entro luglio avrà luogo un bando interno per la selezione delle risorse che ne faranno parte. Previsti inizialmente 150-200 elementi, ma a pieno organico si punta a 270 unità e 24 a gruppo regionale.

Delmastro ha sottolineato l’importanza del Gio anche alla luce di quanto avvenuto nei penitenziari italiani nel marzo 2020 “quando ci furono 7.517 rivoltosi nelle carceri, con danni per 30 milioni, evasioni di massa, agenti sequestrati, morti e feriti”. Il Gio si ispira al modello dell’Eris francese che: “da quando esiste - ha riferito il sottosegretario - ha fatto diminuire del 90% le criticità negli istituti”. Resta da risolvere però, nel nostro Paese, la questione del sovraffollamento (il tasso è attualmente del 119%, il più alto in Europa) e dell’ammodernamento delle strutture carcerarie (spesso fatiscenti), le due principali fonti del disagio che travolge i ristretti, e anche i loro controllori.

E non vanno dimenticati il cronico sotto dimensiona - mento degli organici degli agenti, le gravi carenze del servizio sanitario e psichiatrico, la mancanza di educatori e mediatori culturali. L’istituzione, attraverso un decreto legislativo, delle forze antisommossa ha già suscitato critiche e perplessità da parte degli operatori del settore. Secondo Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.pp. (Sindacato di polizia penitenziaria), “in carcere non si può pensare di attrezzare gli agenti a fare la “guerra” ai detenuti. Iniziative, misure, provvedimenti vanno indirizzati alla prevenzione di situazioni di conflittualità che sfociano in aggressioni e rivolte, come è avvenuto l’altro giorno al minorile “Beccarla” di Milano” ha osservato.

“Il Gio, tra l’altro, non è in grado di affrontare e tanto meno di prevenire la conflittualità e soprattutto di tutelare l’incolumità dei servitori dello Stato - ha aggiunto Di Giacomo - sottrae personale già fortemente carente di almeno 20mila unità aggravando le attuali condizioni di lavoro di quanti prestano servizio nei 190 istituti”. “Siamo alla riprova del preoccupante stato confusionale di governo e Amministrazione penitenziaria tra interventi per ristabilire il controllo del carcere e interventi per gestire la popolazione carceraria” ha concluso.

Manca, invece, un piano complessivo, che affronti le altre emergenze, oltre ai suicidi e alle morti per cause da accertare, la storica e patologica carenza degli organici, le aggressioni al personale, il traffico di droga e la diffusione clandestina dei telefonini. Insomma, le “teste di cuoio” e ulteriori spinte repressive, non risolvono certo la grave emergenza carceri. “Di fronte all’indifferente silenzio del governo, si fanno strada iniziative legislative con le quali l’attenzione viene ridotta alla sola dimensione contenitiva e repressiva in chiave securitaria - è l’opinione degli avvocati penalisti - a partire dall’introduzione del reato di rivolta commesso anche con condotte non violente di disobbedienza e resistenza passiva, per seguire con l’istituzione di corpi speciali and-rivolta (i Gio) e per concludere con ipotesi di attribuzione di una competenza straordinaria alla Procura generale e all’Avvocatura dello Stato per i fatti concernenti l’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica da parte di agenti o ufficiali di pubblica sicurezza”.