sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giulio Sensi

Corriere della Sera, 15 ottobre 2022

Le organizzazioni non profit danno lavoro a 870mila persone. Più sensibile la perdita del fatturato per chi opera nei settori di cultura, sport e ricreazione. Ha retto meglio chi opera in ambito sanitario, sociale o sociosanitario.

Nell’anno della pandemia più della metà delle organizzazioni non profit ha visto una riduzione del proprio fatturato di oltre il 20%. Il dato “ufficiale” sull’impatto dell’emergenza sanitaria sul non profit arriva da Istat che ha presentato oggi i numeri più aggiornati del registro statistico delle istituzioni non profit arricchiti con fonti fiscali, in attesa della fotografia della rilevazione campionaria del Censimento sulle istituzioni non profit in corso. L’occasione è stata l’apertura de “Le giornate di Bertinoro sull’economia civile”, il tradizionale appuntamento di Aiccon, il Centro Studi dell’Università di Bologna arrivato alla ventiduesima edizione intitolata “Riconoscersi. Includere per trasformare l’esistente”. Si tratta delle organizzazioni assoggettate al regime Iva, un quarto del totale, ma che danno lavoro all’85% degli 870.000 dipendenti del non profit italiano. Ad essere colpiti sono stati in particolare i settori dell’istruzione e ricerca (63,8%), delle attività culturali e artistiche (62,5%), di quelle ricreative e di socializzazione (61,7%), e delle attività sportive (58,5%). Al contrario, rispetto al 2019, il fatturato è in aumento nei settori della sanità (42,3%), dello sviluppo economico e coesione sociale (39,9%) e dell’assistenza sociale e protezione civile (37,7%).

“Questi nuovi dati - spiega Massimo Lori, responsabile del registro statistico delle istituzioni non profit di Istat - evidenziano gli effetti differenziali che ha avuto la crisi sanitaria sul non profit. L’impatto più forte ha toccato alcune associazioni, quelle di promozione sociale e le sportive dilettantistiche, che operano nei settori di cultura, sport e ricreazione, anche istruzione e ricerca. La perdita di fatturato è importante, mentre le realtà che operavano in ambito sanitario, sociale o sociosanitario hanno retto meglio”. Al 31 dicembre 2020 le istituzioni non profit attive in Italia sono 363.499 e impiegano 870.183 dipendenti. La crescita delle organizzazioni riguarda in particolare il sud (+1,7%) e le Isole (+0,6%), mentre restano stabili al Centro e nel Nord-ovest, in diminuzione al Nord-est (-0,5%). “Continua la dinamica positiva in termini di nuove istituzioni al sud - commenta ancora Lori - purtroppo però inficiata dall’ancora troppo alta mortalità delle organizzazioni. Si ridurrebbe il divario fra nord e sud del Paese sul non profit se nel Mezzogiorno ci fosse un ecosistema più favorevole”.

Le regioni che presentato gli incrementi maggiori sono la Campania (+4,5%), la provincia autonoma di Bolzano (+1,8%), la Puglia e la Valle d’Aosta (+1,6%). Il 2020 ha visto anche un calo notevole di cooperative sociali, un crollo del 3,3% del loro numero complessivo. L’occupazione ha tenuto grazie anche al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali, ma è diminuita laddove c’era più concentrazione di contratti a tempo determinato. In aumento gli impiegati nelle Isole (+5,1%), al Centro (+2,7%) e al Sud (+2,1%), diversamente dal Nord-ovest in cui i dipendenti sono in diminuzione (-1,0%). In aumento anche le risorse destinate al cinque per mille: nell’anno di dichiarazione dei redditi 2020 aumentano, rispetto all’anno precedente, il numero degli enti beneficiari (+5,8%) e l’importo ricevuto (+1,6%), pari a circa 455,6 milioni di euro, contrariamente al numero di scelte espresse dai contribuenti al momento della dichiarazione che si attesta sui 12,6 milioni (-3,9%).