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di Giovanna Del Giudice*

L’Espresso, 5 giugno 2022

In questi giorni alcuni interventi su organi di stampa e non ultimo il proscioglimento per vizio totale di mente da parte della corte d’Assise di Trieste di Alejandro Meran, che nell’ottobre 2019 nella questura di Trieste ha ucciso due poliziotti con una pistola sottratta ad uno di questi, riportano l’attenzione sul superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari, sulle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, sulle questioni ancora da affrontare.

A 5 anni dalla chiusura degli Opg e dall’apertura delle Rems in tutte le regioni italiane il quadro che abbiamo di fronte presenta numerosi elementi di criticità, come sempre accade quando, avviato un cambiamento radicale, non si procede nel percorso, non si affrontano le contraddizioni successive, non si arriva alle questioni nodali: in questo caso la rivisitazione degli articoli 88 e 89 del Codice penale Rocco del 1930 sulla non imputabilità della persona con disturbo mentale autrice di reato. Con la chiusura degli Opg è come se si fossero “spenti i fari” della politica su un processo non ancora concluso. Solo a settembre del 2021, anche a seguito delle reiterate richieste da parte del Coordinamento nazionale salute mentale, il ministero della Salute ha attivato l’Organismo di coordinamento relativo al superamento degli Opg con esperti nominati dal ministero della Salute e dal ministero della Giustizia e rappresentanti delle Regioni, che ha il compito del “monitoraggio delle attività poste in essere dalle Regioni e Province autonome per garantire il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

Infine il pronunciamento della Corte Costituzionale del febbraio scorso, a seguito del ricorso sulla non costituzionalità della legge 81/2014 posto dal Tribunale di Tivoli, ha riaperto il dibattito e riacceso l’attenzione tra i tecnici della magistratura e della salute, in particolare sul numero di posti di Rems, sulla lista di attesa per il ricovero in Rems, su alcune decine di persone che, in attesa di essere trasferite nelle Rems, permangono in carcere.

Guardando da vicino le Rems, e dovremmo farlo a vario titolo rompendo la non attraversabilità delle stesse, vediamo che queste appaiono di norma come contenitori della miseria più che della pericolosità sociale, come peraltro erano i manicomi e gli Opg. Le crude fotografie de L’Espresso del 1° maggio scorso ci riportano tragicamente a questa realtà. La presenza nelle Rems di un numero non esiguo di internati per reati bagatellari, quali oltraggio a pubblico ufficiale, mostra che siamo lontani dall’applicazione della Legge 81/14 ove il ricovero in Rems è previsto come “misura residuale”.

Appare evidente che parte della magistratura rimane ancorata a posizioni che si rifanno ad una psichiatria custodialistica che si vuole asservita alla giustizia; che i periti scelti sono troppo spesso espressione di questa cultura; che il rapporto tra magistrati e operatori dei servizi della salute mentale, pure quando questi hanno in carico la persona, è poco praticato, con spreco di tempo e di risorse per interventi che potrebbero trovare risposte immediate; che si ricorre alle Rems in maniera rilevante per misure di sicurezza provvisorie, per reati non gravi ma con finalità di controllo sociale.

Vanno a questi nodi riportate a mio parere le liste di attesa e le detenzioni in carcere illegittime di persone con misure di sicurezza. Infine, ma non meno importante, è il grave abbandono attuato in questi ultimi anni - in termini culturali, di modelli organizzativi, di risorse dedicate - dei servizi della salute mentale e del welfare. Questo rappresenta un grave vulnus per l’applicazione della riforma di superamento degli Opg che fonda la sua applicabilità sul Dipartimento di salute mentale e più in generale sulla rete dei servizi del welfare di comunità. E veniamo al grande equivoco, condiviso pure da uomini di diritto, che vede le Rems come le strutture che hanno sostituito l’Opg, confermando così, e implementando, la cultura dell’internamento del malato di mente contro la logica di presa in carico della persona nel territorio sancita dalla legge 180/1978 e dalla legge 81/2014.

Questione non da poco che produce richieste non accettabili di aumento delle Rems e in generale di residenze (i nuovi manicomi?) dove custodire e recludere. Ci pare importante in questo quadro della Salute e dal ministro della Giustizia al Parlamento del settembre 2014 “Sullo stato di attuazione delle iniziative per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari” indicava che sugli 846 internati negli Opg solo 1’8,5 per cento, circa 70 internati, conservava la condizione di “pericolosità sociale” connotandosi come “non dimissibile”.

Un numero che doveva essere alla base della programmazione del numero dei posti di Rems visti come soluzione estrema. Va poi ribadito che il ricovero in Rems è considerato dalla legge 81/14 transitorio, fino al persistere della pericolosità sociale, da riesaminare ogni 6 mesi. Lascia quindi sconcertati la sentenza della corte d’Assise, di cui aspettiamo le motivazioni, nei confronti di Alejandro Meran, “condannato” a 30 anni di Rems.

A quale norma fa riferimento, se il codice penale definisce la misura di sicurezza minima di 10 anni per il fatto reato che prevede l’ergastolo? È possibile poi, ai sensi della legge 180/1978 e della legge 81/2014, condannare una persona a 30 anni di reclusione in una struttura terapeutica riabilitativa? Dagli organi di stampa emerge infine che la procura di Trieste chiede che Meran venga assegnato ad una Rems in grado di far fronte alla sua pericolosità sociale, immaginando quindi una gradualità di capacità custodiate delle Rems certamente non prevista dalla legge 81/14.

Oggi appare sempre più necessario ribadire alcuni punti fermi da cui ripartire per il completamento del processo di superamento degli Opg. Tenendo conto della sentenza della Corte Costituzionale 22/2022 e della Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità, appare non prorogabile la rivisitazione dei articoli 88 e 89 del codice penale con l’affermazione della piena responsabilità della persona con disturbo mentale e del suo diritto al processo, come previsto dalla proposta di legge 2939/2021 a firma dell’onorevole Magi. *Psichiatra, tra i collaboratori di Franco Basaglia negli anni 70 a Trieste. È Presidente di Conferenza salute mentale Franco Basaglia e componente dell’Organismo di coordinamento relativo al superamento degli Opg presso il ministero della Salute.