sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giovanni D’Alessandro

Il Riformista, 20 aprile 2024

Nel gergo dei giuristi e, più ampiamente, degli studiosi delle istituzioni pubbliche la terzietà si colloca all’interno di un nucleo di concetti collegati da numerose somiglianze di famiglia - si direbbe à la Wittgenstein, rifuggendo ogni sorta di essenzialismo metafisico - ma nessuno di questi ben definito, tra cui l’imparzialità, la neutralità (politica), l’indipendenza. Tutti concetti che, in fondo, si fanno reciproca luce e trovano un uso consolidato per differentiam tra di loro. Il testo della Costituzione repubblicana, scritta da eminenti esperti del diritto (e non solo) e votata dall’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947, fu - com’è noto - depurato sotto il profilo linguistico e della coerenza sintattica e stilistica da costituenti come Concetto Marchesi. Ciò nonostante non offre una limpida panoramica dei poteri “terzi”, se non con riguardo - naturalmente - alla giurisdizione, dove l’esse iudex è definito dalla coesistenza in uno stesso soggetto dei tratti della terzietà e dell’imparzialità. In nessun altro luogo la Costituzione utilizza il lemma “terzietà” ma, volta a volta, si riferisce all’imparzialità (come finalità dell’organizzazione dei pubblici uffici) e all’indipendenza (dei giudici, degli organi giudiziari e finanche degli ordinamenti giuridici).

Il limite - Eppure non appare certo plausibile, di là dalla letteralità, escludere dalla sistematica costituzionale dei soggetti od organi “terzi” quali il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Entrambi caratterizzati da una neutralità sui generis, che rimane determinata da una politicità immanente, sì come - seguendo Machiavelli - sussiste un’immanenza originaria tra ordine (politico) e conflitto. Entrambe figure di garanzia dell’intero ordinamento costituzionale che rappresenta per un verso il fondamento del potere, ma per un altro il suo limite. Un limite che s’impone pure alla sovranità popolare, sguarnita di una volontà onnipotente. Si tratta, in questi due casi, di due forme di terzietà che si ricavano comunque dal tessuto costituzionale sia per la loro procedura di elezione o nomina, sia per le loro competenze, sia per i loro poteri. È stato notato con acutezza che il Presidente della Repubblica è definito dalla nostra Costituzione come “capo dello Stato”, volutamente con la “c” minuscola, proprio per sottolineare il suo ruolo di controllo e tutela dei valori costituzionali, ma non di comando. E che, inoltre, non è prevista una formalizzazione di candidature per la sua elezione da parte del Parlamento in seduta comune, giacché non viene eletto con un “suo” programma (come accade per ciò che diviene l’indirizzo politico del Governo) ma per garantire il rispetto della Costituzione contro eventuali derive della maggioranza politica di turno. Ruolo che verrebbe di certo intollerabilmente indebolito dall’approvazione della proposta di revisione costituzionale che vuole introdurre una forma di elezione diretta del Presidente del Consiglio.

La garanzia alle nostre libertà - Sotto un altro riguardo è sicuramente un’istituzione “terza” del nostro ordinamento la Corte costituzionale, vero e proprio organo di chiusura del sistema che - composta da giudici nominati dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento in seduta comune e dalle supreme magistrature, ordinaria e amministrative - ha addirittura il potere di cancellare le leggi approvate dai rappresentati del popolo quando queste risultino in contrasto con le norme e i princìpi costituzionali. Oltre a risolvere i conflitti tra i poteri dello Stato, tra lo Stato e le regioni e tra le regioni, e giudicare sulle accuse di alto tradimento e attentato alla Costituzione contro il Presidente della Repubblica.

Ovviamente possono annoverarsi tra gli organi “neutrali” pure il Consiglio superiore della magistratura e le autorità amministrative indipendenti. Nel primo caso garante dell’autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario rispetto a ogni altro potere, nel secondo invece indipendenti dall’indirizzo politico del Governo. In sostanza, sono queste le istituzioni a garanzia delle nostre libertà fondamentali. Oltre, evidentemente, ai giudici.