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di Daniele Tibaldi

ilgoriziano.it, 28 marzo 2024

La visita di ieri dei legali si è svolta nell’ambito dell’iniziativa dell’Osservatorio nazionale Aiga sulle carceri, per verificare la situazione dei detenuti. La Casa circondariale “Angiolo Bigazzi” di Gorizia ha delle caratteristiche piuttosto rare, nel panorama nazionale, sotto più profili. Il primo, forse più noto, è di tipo storico-architettonico. L’edificio, costruito dall’architetto polacco Josef Wujtechowsky tra il 1899 e il 1902, si trova nel più ampio complesso del Palazzo di Giustizia. L’adiacenza al Tribunale - voluta dal ministero di Grazia e Giustizia di Vienna - è tipica solo di quelle carceri la cui edificazione risale all’epoca austro-ungarica: un caso simile, fuori dai confini dell’odierna Austria, è quello di Trieste.

Il secondo aspetto è relativo alle condizioni in cui versa la struttura. Infatti, se la situazione del sistema penitenziario nazionale è notoriamente drammatica - al punto da portare gli avvocati penalisti a bloccare già due volte, dall’inizio dell’anno, le attività giudiziarie dei tribunali - quella nella struttura di via Barzellini è ben diversa. A testimoniarlo è la delegazione della sezione goriziana di Aiga (Associazione italiana giovani avvocati), che ieri ha visitato l’istituto di pena isontino. La visita si è svolta nell’ambito dell’iniziativa promossa dall’Osservatorio nazionale Aiga sulle carceri (Onac) in tutta Italia. A varcarne la soglia, ieri mattina, è stata l’avvocata Chiara Russo, presidente della sezione locale di Aiga, insieme ai colleghi Marco Nicolai (segretario di Aiga Gorizia e referente Onac per Aiga Gorizia), Sara Milazzo e la praticante Giorgia Persi. Ad accompagnarli c’era anche l’avvocata udinese Elisa Guerra, membro del Dipartimento nazionale di Onac.

La situazione nel carcere - “Il quadro generale che abbiamo riscontrato è molto positivo - commenta a caldo Russo, subito dopo la visita - e se dovessimo dare un voto, da uno a dieci, sarebbe tra il sette e l’otto”. Continua sempre la legale goriziana: “Le condizioni igienico-sanitarie delle celle sono dignitose e la pena è sostanzialmente rieducativa per i detenuti presenti. Durante la nostra visita si svolgevano lezioni nelle varie aule presenti, per ottenere la possibilità di ottenere la licenza media e anche corsi di alfabetizzazione e professionalizzanti, come il corso di sanificazione, di serigrafia e di disegno tecnico”. A dimostrazione del fatto che il tempo, in carcere, viene utilizzato proficuamente, sono dieci le persone attualmente detenute che hanno completato con successo il corso di scuola media.

Va specificato che, a differenza delle case di reclusione, l’istituto goriziano - attualmente diretto da Caterina Leva - ospita, oltre alle persone in attesa di giudizio, solo quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni. Dei 78 ospiti della Bigazzi, 59 sono “protetti”, così chiamati perché autori di condotte contrarie all’etica della maggioranza della popolazione carceraria, come i collaboratori di giustizia e i condannati per reati di natura sessuale, altri 11 stanno scontando una pena per reati comuni e gli ultimi 8 sono in regime di semilibertà. Attualmente, 30 detenuti sono di origine straniera: “Ma - ci tiene a sottolineare Milazzo - si tratta di un dato non indicativo, perché caratterizzato da un alto tasso di variabilità nel tempo”.

“I luoghi ci sono sembrati adeguati, con spazio a sufficienza in linea con i parametri di legge”, aggiunge Russo. Niente sovraffollamento, quindi, a differenza di quanto registrato a livello nazionale con livelli simili al 2013, anno della sentenza “Torreggiani” con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia per la persistente violazione del divieto di infliggere pene o trattamenti inumani ai detenuti. “Le celle contengono da un minimo di due detenuti a un massimo di otto - continua l’avvocata - e tutte sono dotate di servizi igienici, doccia inclusa, oltre che di un’area giorno dove consumare i pasti”.

L’ultimo tentato suicidio, in via Barzellini, risale a cinque anni fa. Un dato relativamente confortante se si considera che, secondo quanto riportato dalla Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane, nei primi due mesi del 2024 si è registrato un suicidio ogni due giorni. Certamente aiuta la presenza continua di due educatrici, un medico e, a cadenza quindicinale o su chiamata, di psicologi. Anche la genitorialità è risultata essere molto assecondata, con progetti specifici dedicati a padri e figli. Non mancano occasioni di ritrovo per le famiglie all’interno della struttura: l’ultima è stata organizzata per il carnevale, mentre la prossima, la festa di primavera, è fissata per il 6 aprile. Sono consentiti anche festeggiamenti privati, come in occasione di compleanni, per i quali viene messa generalmente a disposizione la sala colloqui dei difensori, adeguatamente decorata con festoni e palloncini.

Per i musulmani presenti, inoltre, è stato adeguato il servizio delle cucine, con la possibilità di usufruire di menu e orari conformi alle prescrizioni del loro credo e del Ramadan. L’80% dei detenuti, inoltre, risulta impegnato nelle varie attività offerte dall’istituto di pena e, di questi, 15 hanno anche un’occupazione stipendiata. Si tratta principalmente dei cosiddetti “casermieri”, ossia di coloro che si occupano dei servizi di sanificazione, e dei cuochi.

I punti deboli - Ma non mancano anche degli aspetti critici. Il primo è il mancato adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale con cui è stato riconosciuto il diritto all’affettività del detenuto. La sentenza, va detto, è molto recente. La decisione della Consulta risale al 26 gennaio scorso e implica la necessità di predisporre “luoghi appropriati” all’esercizio “dell’affettività intramuraria del detenuto […] in modo non sporadico”, così da garantire la riservatezza dell’incontro con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lui stabilmente convivente.

Il carcere di via Barzellini è già stato oggetto di un’importante ristrutturazione tra il 2020 e il 2021 che ha interessato i locali per il pernottamento, mentre è ora in fase di progettazione un intervento nell’area dedicata ai semiliberi. Ma niente è ancora previsto per garantire uno spazio per l’affettività, a differenza di quanto sta avvenendo nell’omologa struttura di Udine. L’altro problema emerso, infine, è legato alla carenza di personale, specialmente nell’ufficio contabilità. Una criticità, questa, che riguarda in generale tutto il Palazzo di Giustizia, con gli uffici del Tribunale che faticano da anni a risolvere la grave carenza di personale amministrativo.